Alluvione di Sarno e Quindici

L’evento

Tra le 2 del pomeriggio e la mezzanotte del 5 Maggio 1998, al culmine di un prolungato ed intenso evento piovoso iniziato nel tardo pomeriggio del giorno precedente, una serie di colate di detrito si staccarono dall’area sommitale di Pizzo D’Alvano, nell’Appennino Campano. Percorrendo ad elevata velocità entrambi i suoi versanti, sud-occidentale e nord-orientale, i detriti si abbatterono con violenza sugli abitati di Sarno (SA), Bracigliano (SA), Siano (SA), San Felice a Cancello (CE), e Quindici (AV).

Oltre due milioni di metri cubi di detrito saturo d’acqua scesero a valle con velocità sino a 20 metri al secondo, sommergendo i centri abitati situati ai piedi del rilievo montuoso e portandosi via la vita di 159 persone, ben 137 delle quali solamente a Sarno (motivo per cui l’evento viene da allora ricordato come “frana di Sarno”).

Si tratta, in termini di perdita di vite umane, del terzo più grave disastro idrogeologico avvenuto in Italia negli ultimi 50 anni, dopo quello del Vajont (9 Ottobre 1963), in cui persero la vita 1917 persone, e quello della Val di Stava, accaduto il 19 Luglio 1985, che causò la morte di 268 persone.

Le cause

Le cause del disastro sono da imputare a due diversi fattori: il primo, predisponente, è legato alla particolare conformazione geologico-geomorfologica dei luoghi, il secondo, scatenante, dovuto alla notevole quantità di pioggia abbattutasi in poche ore nell’area.

In particolare la struttura geologica di Pizzo D’Alvano è composta da un substrato di rocce carbonatiche dure, come calcari e dolomie, sul quale poggia materiale piroclastico sciolto, fondamentalmente pomici e ceneri, depositatosi in seguito a vari eventi eruttivi del vicino Vesuvio, succedutisi negli ultimi 10.000 anni e che raggiungono uno spessore massimo di 10 metri. Questo particolare assetto geologico, cioè materiale sciolto che poggia su rocce dure, unitamente alla elevata acclività dei versanti, conseguente alle vicissitudini tettoniche che hanno modellato l’area, sono alla base del disastro.

L’eccezionale quantità di pioggia che cadde nell’area nelle 24 ore precedenti all’evento imbibì profondamente il materiale piroclastico, diminuendone la coesione e l’attrito che lo teneva vincolato alle rocce carbonatiche sottostanti, sino a quando iniziò a muoversi verso valle, acquisendo rapidamente velocità a causa delle elevate pendenze.

alluvione di sarno

La legge

Come purtroppo spesso accade, questo tragico evento evidenziò la necessità di un netto cambiamento di rotta nelle strategie da adottare per fronteggiare il rischio idrogeologico, fino ad allora concentrato su attività di soccorso ed assistenza alle popolazioni colpite. Venne quindi promulgato il Decreto-Legge n. 180 del 1998, meglio conosciuto come “Decreto Sarno”, poi convertito nella Legge n. 267 del 3 agosto 1998, che spostò l’attenzione sulla prevenzione, da attuarsi attraverso la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico ed al potenziamento delle reti di monitoraggio.


a cura di Paolo Madonia