La geologia in un calice di vino: Italia Meridionale ed Isole
Il nostro viaggio tra rocce e vigneti arriva alla sua fine. Ci spostiamo in Italia meridionale per scoprire la sua geologia e come questa ha influenzato la viticoltura
Il passaggio dalla catena appenninica al Tirreno (bacino di retroarco) è caratterizzata dalla presenza di depressioni tettoniche che ospitano estesi bacini sedimentari e da dalla presenza estesa di edifici vulcanici, alcuni dei quali ancora in piena attività. I maggiori centri vulcanici sono: Roccamonfina, Campi Flegrei e Vesuvio vicino alla costa tirrenica, il Vulture in Basilicata in piena catena orogenica e le isole tirreniche di Ischia, Ustica e l’arcipelago delle Eolie, sino ad arrivare in Sicilia dove risiede il vulcano più alto d’Europa: l’Etna.
La Catena dell’Appennino Meridionale si è formata a partire dall’Oligocene Superiore-Miocene Inferiore (circa 23 milioni di anni fa) ed è legata alla convergenza tra la placca Africana, e quella Europea a seguito della quale lembi della litosfera adriatica (un antico promontorio di Africa) e ionica (un ramo di un antico oceano detto Tetide) sono subdotti (sprofondati) al di sotto della litosfera europea. Questo complesso processo ha portato alla sovrapposizione di diverse unità tettoniche (grandi volumi di rocce) originando la catena appenninica, e la sua estensione in Calabria e Sicilia.
Ad est della catena sono inoltre presenti altri domini strutturali come i grandi bacini sedimentari che raccolgono il materiale eroso dalle aree di catena (avanfossa, qui denominata Fossa Bradanica) e aree non ancora interessate dalla deformazione appenninica, dette di avampaese, che nell’area di interesse corrisponde all’Altopiano delle Murge e al Salento, in Puglia e all’area degli Iblei in Sicilia.
In Italia meridionale e nelle isole i vigneti si sviluppano su terreni eterogenei che vanno da rocce granitiche e metamorfiche a rocce vulcaniche (ad esempio lave e piroclastiti) fino a terrigene (ad esempio arenarie, argille) e carbonatiche.
Ogni substrato conferisce delle peculiarità al vitigno che vi cresce e ai vini prodotti.
Vediamo ora regione per regione come il substrato caratterizza i vigneti e le uve che vi crescono.
Questa regione, essenzialmente montuosa, ha una forma allungata NW-SE, parallela alla costa tirrenica e alla dorsale appenninica.
Vi sono aree caratterizzate dalla presenza di rocce calcaree che costituiscono i rilievi più elevati, ed altre, generalmente a quote minori, caratterizzate dalla presenza di rocce terrigene, quali arenarie, argille e marne.
Il vulcanismo è comune in questa regione e rappresentato dai vulcani di Roccamonfina, Vesuvio e Campi Flegrei, oggetto di viticoltura sin dall’epoca dei Romani, e quelli rappresentati dalle isole di Ischia e Procida.
La Campania ha una incredibile varietà di vitigni indigeni, alcuni dei quali molto antichi come l’Aglianico. In questa regione vi è un inusuale sistema di coltivazione delle viti come lo spettacolare “alberate” dove la vite cresce su supporti viventi, generalmente alberi, che si può osservare lungo la costiera amalfitana.
Le aree coperte da vigneti sono il 70% in montagna il 25% in collina ed il 5 % in pianura. In questa regione sono predominanti le uve rosse (60%) rispetto alle bianche (40%), l’Aglianico è il vitigno più diffuso coprendo un terzo della superficie vitata. La Campania comprende 4 DOCG e 15 DOC
La produzione è di grande qualità specialmente quella che proviene dalle seguenti aree:
1. I distretti vulcanici. I depositi vulcanici sono ricchi in potassio ed hanno una tessitura favorevole alla profonda penetrazione delle radici delle viti. Il vitigno Falerno coltivato sui fianchi meridionali dell’area di Roccamonfina, e il suo vino era molto apprezzato sin dall’epoca Romana. Attualmente si produce anche sui fianchi del Monte Massicco, su rocce calcaree localmente coperte da ceneri vulcaniche e tra Pozzuoli e Cuma un’area con un terreno vulcanico molto fertile. Il Falerno è tipicamente rosso prodotto da uve Aglianico (60-80%), Piedirosso (0-20%) e Primitivo (0-20%). È prodotta anche la variante bianca, con uve Falanghina. Tra gli altri vini provenienti da aree vulcaniche ricordiamo il Vesuvio DOC e Lacryma Christi del Vesuvio DOC, il Falanghina DOC Campi Flegrei; a Ischia, si producono prevalentemente vini bianchi con vitigni locali (Biancolella e Forastera).
Vigneti dell’area archeologica di Pompei (foto di A. Bollati).
Vigneti lungo la costiera amalfitana
3. Cilento. In quest’area i vigneti sono prevalentemente diffusi sulle colline marnoso-arenacee. Dalla DOC Cilento proviene il rosso Cilento Aglianico, mentre dalla DOC Castel San Lorenzo degno di nota è il Barbera.
Vigneti della DOC Castel San Lorenzo, nell’area di Agropoli (foto di A. Bollati)
4. Sannio (provincia di Benevento) e 5) Irpinia (provincia di Avellino) si trovano nell’entroterra dove il paesaggio è caratterizzato da rilievi montuosi calcarei dai ripidi versanti e depositi terrigeni nelle aree depresse. Il microclima è ideale per la crescita della vite. Le valli dei fiumi Calore e Sabato tra beneventano e avellinese sono interamente coperte da viti che producono i migliori vini rossi della Campania come l’Aglianico del Taburno DOCG e il Taurasi DOCG, con qualche bianco eccellente come il Fiano di Avellino, il Greco di Tufo (dell’Irpinia) e la Falanghina del Sannio e la Guardia Sanframondi (del Sannio). I vigneti del Taburno crescono a ovest di Benevento poggiano su terreni argillosi con coperture piroclastiche quelli del Fiano crescono su terreni sabbioso- argillosi ricchi in ceneri vulcaniche intorno ad Avellino, quelli del Taurasi si trovano principalmente su terreni di origine fluviale con il suolo che ottiene un grande contributo dal materiale piroclastico proveniente dai Campi Flegrei ed il Vesuvio.
La Puglia è una regione della penisola Italiana che, per larga parte, appartiene alla placca di Adria, un promontorio della Placca Africana. La regione, dal Gargano alla Penisola sorrentina, è costituita quasi totalmente da rocce calcaree e dolomitiche resti di un’antica e vasta piattaforma carbonatica; questo settore dello stivale rappresenta l’avampaese della catena appenninica, la cui elevazione decresce gradualmente dai 600 m dell’alta Murgia fino ai 200-100 m del Salento meridionale. Per via della circolazione carsica non ci sono fiumi in Puglia a sud dell’Ofanto, fiume che nasce dalla catena e sfocia nel Mar Adriatico dopo aver attraversato il tavoliere.
Il clima caldo e la natura pianeggiante/collinare del paesaggio favoriscono lo sviluppo della viticoltura presente sin dall’epoca pre-romana e influenzata dai greci.
Insieme all’Emilia-Romagna è la regione italiana con la maggior produzione vinicola (ma il 44% della produzione è senza origine) con 4 DOCG e 28 DOC. I vigneti sono prevalentemente a bacca rossa (ca. il 70 %), il vitigno più diffuso è il Negroamaro e pertanto più del 55% del vino prodotto è rosso e rosato. La vecchia tradizione delle “viti a calice” esiste ancora oggi nelle piantagioni del Canale di Pirro (Murge) ed in Salento, dove il substrato costituito da rocce carbonatiche si trova sotto pochi centimetri di suolo rosso. La crescita delle viti è generalmente associata con alberi di ulivo o ciliegio.
Le principali aree di produzione del vino sono quattro:
- Il Tavoliere, area a nord del fiume Ofanto che si sviluppa da Foggia a Lucera e San Severo. La principale produzione di vino viene dall’area DOC San Severo che si trova nella parte settentrionale della regione tra l’appennino Dauno, il tavoliere e il massiccio carbonatico del Gargano. Le viti si estendono per migliaia di ettari e crescono su un terreno principalmente sabbioso. I vini prodotti sono rossi e rosati (con uve Montepulciano e Sangiovese) e bianchi (con uve Bombino e Trebbiano Toscano). Un vino del Tavoliere degno di nota è il Cacc’e mmitte di Lucera, da uve a bacca nera e bianca.
- Le Murge Baresi che includono, tra le altre, le aree DOC di Castel del Monte, Gioia del Colle, Gravina. Tra questi Castel del Monte è uno dei più importanti vini della Puglia che prende il nome dal castello costruito nel 1230 da Federico II di Svevia. I due tipi di vino, prodotti in grandi quantità, sono il Castel del Monte bianco ed il Castel del Monte rosso. Il primo è prodotto da uve Bombino bianco, Pampanuto e Chardonnay, mentre il secondo da Troia e/o Aglianico e/o Montepulciano. Qui l’uva cresce su filari regolari al di sopra di un substrato carbonatico che per la sua natura non lascia spazio ad una circolazione superficiale, pertanto si ricorre ad una irrigazione di soccorso.
3. Le Murge meridionali (tra Ostuni e Taranto) comprendenti le DOC Martina Franca, Locorotondo, ubicate su aree calcaree carsificate dei trulli, dove i vigneti sono delimitati da muri a secco fatti di blocchi calcarei dove le radici in profondità trovano un ambiente ricco in minerali, umido e fresco. Qui si producono i vini bianchi più classici e famosi di Puglia. Nella DOC Primitivo di Manduria, il cui nome deriva dalla precoce maturazione dell’uva, si produce uno dei grandi vini rossi pugliesi da vigneti si sviluppano su terreni sabbioso-argillosi che si sovrappongono al substrato calcareo.
4.Il Salento, con la sua struttura calcarea, comprendente diverse aree DOC tra cui Brindisi, Squinzano, Salice Salentino, Laverano e Copertino, produce il maggior numero di vini di qualità della Puglia. Degno di nota è il Salice Salentino rosso, a base di uve Negroamaro.
La Basilicata si affaccia sia sul Mar Tirreno che Ionio ed è caratterizzata da un territorio montuoso (comprendente il massiccio calcareo-dolomitico del Pollino al confine con la Calabria) e collinare; nella porzione più orientale si estende la Fossa Bradanica (l’avanfossa della catena appenninica), mentre in quella settentrionale si trova l’area vulcanica del Vulture.
Nella regione la vitivinicoltura è limitata a 4 aree DOC (tra cui Aglianico del Vulture e Matera) e una DOCG quella dell’Aglianico del Vulture Superiore, dove si producono in prevalenza vini rossi.
Nell’area del Vulture i vigneti ricoprono le pendici meridionali e sud-orientali del rilievo, un vulcano attivo tra 700.000 e 300.000 anni fa. Questi vigneti producono il noto Aglianico del Vulture DOC (vino monovarietale), il più famoso della Basilicata e tra i più prestigiosi d’Italia. Le migliori zone per la coltivazione sono i rilievi posti ad altitudini di 400-600 m dove i vigneti poggiano su suoli vulcanici piroclastici (depositi di frammenti solidi emessi dai vulcani durante un’eruzione esplosiva); più a est, nella stessa DOC, la viticoltura è diffusa anche su colline dove affiorano sabbie e conglomerati (tra Lavello e Genzano di Lucania).
Nella DOC Matera dove si producono vini bianchi e rossi, degno di nota è il Primitivo prodotto dall’omonima varietà.
La fisiografia della Calabria è caratterizzata da un grande contrasto tra la costa Tirrenica e quella Ionica.
La prima è molto ripida e umida (cade due volte la pioggia annuale di tutta la penisola), c’è una nebbia persistente derivata dalla condensazione dell’aria umida che risale dal mare. La costa ionica è meno ripida più frastagliata con piccole e strette piane costiere dove il substrato affiorante consiste in sedimenti terrigeni del tardo Miocene-Pleistocene.
La crescita dell’uva e la produzione del vino hanno una lunga, anche se contenuta, tradizione in Calabria. Quasi il 90% della coltivazione si concentra sulla varietà a bacca nera e il vitigno più diffuso è il Gaglioppo, pertanto predominano i vini rossi e rosati. La regione comprende 9 DOC, poste prevalentemente in aree costiere. Tre sono le aree di produzione vitivinicola:
- Cosentino e Fascia Tirrenica. Quest’area si trova a sud del massiccio del Pollino (2.150 m slm) che attraversa tutta la penisola da est a ovest e marca il confine con la Basilicata. La geologia è molto complessa. Le pendici meridionali sono brusche ed essenzialmente calcaree nella porzione superiore, quella inferiore (tra 500 ed 800 m in altitudine) sono ideali per la viticoltura per via della buona esposizione riparata dal freddo vento settentrionale e di un microclima caratterizzato da ampie escursioni termiche. A sud di Castrovillari, sino al Fiume Savuto che sfocia nel Tirreno (a nord di Lamezia Terme) la viticoltura si estende prevalentemente su depositi sabbioso-ghiaiosi. Nell’area compresa tra Castrovillari, Saracena, e Cassano Jonico si produce il Pollino DOC, un vino tradizionale rosso prodotto sin dall’antichità. I vigneti crescono su un suolo derivato da depositi conglomeratici ben cementati, argille siltose poco stratificate, sabbie rossastre- gialle a volte ocra. Il vino è prodotto da 60% Gaglioppo miscelato con 20% Malvasia bianco, Guarnaccia bianco e Greco Bianco, e non meno del 20% di Greco Nero e Montonico Bianco. Aree vitate si estendono nella Valle Fiume Crati, in particolare a sud di Cosenza e nelle porzioni inferiori del massiccio della Sila l’alterazione del granito produce un suolo siliceo a grana grossolana molto adatto per la viticoltura che si spinge sino a quota 800m. Nella zona costiera ionica tra Amantea e Lamezia Terme si segnalano i vini prodotti nella DOC Lamezia da vigneti posti su depositi alluvionali e fluvio-lacustri sabbioso-ghiaiosi e marini sabbiosi e quelli della DOC Savuto con le aree vitate poggianti sui depositi prevalentemente arenacei, sabbioso-ghiaiosi sino e scistosi di origine metamorfica.
- Crotonese Ionico. Ci troviamo a est del massiccio della Sila, composto prevalentemente da rocce granitiche e interamente coperto da foreste decidue. Tra Cirò e Capo Rizzuto (a cavallo del Fiume Neto) i vigneti vengono coltivati su depositi prevalentemente argillosi, arenacei e marnosi (a nord del Neto). argilloso-limosi e ghiaioso-sabbiosi. Il vino rosso Cirò DOC è il più famoso vino calabrese nonché uno dei vini più antichi esistenti al mondo, ancora prodotto oggi nella stessa località (nei dintorni di Cirò) e con uve Gaglioppo. I vigneti crescono su terreno pianeggiante il cui substrato è costituito da argille marnose, argille siltose e silt che poggiano su substrati arenacei. Tra i vini prodotti nella costa ionica ricordiamo anche Melissa DOC e il Sant’Anna di Isola di Capo Rizzuto.
- Ionio Meridionale. Sono due le aree viticole da considerare tra il Golfo di Squillante e Capo Spartivento, a est di una catena montuosa che culmina a sud con il massiccio dell’Aspromonte, costituito prevalentemente da graniti e metamorfiti. I fianchi molto ripidi di questi rilievi lasciano poco spazio alla viticoltura. Nel dettaglio il Bivongi DOC bianco è prodotto da uve Greco Bianco, Guardiavalle e Montonico bianco. I vigneti che si trovano sulle colline crescono su un substrato costituito da scisti quarzo-biotitici e filliti grigio-nere, mentre quelli ad elevazioni inferiori crescono su una successione composta da una alternanza di sabbie, argille, conglomerati e arenarie. Nella piccola area di Bianco su terreni marnoso-pelitici si produce uno dei vini dolci più apprezzati d’Italia ottenuto per appassimento al sole di uve Greco bianco.
La Sicilia è la regione più ampia d’Italia e l’Isola più grande del Mediterraneo. Il clima è quello tipico mediterraneo. Per quanto riguarda la geologia, la Sicilia ha una struttura estremamente complessa legata alla deformazione di diverse unità paleogeografiche sia di mare basso che di mare aperto. L’Etna è il più alto e più importante vulcano attivo in Europa, molti altri vulcani attivi o inattivi sono presenti in diverse isole attorno la Sicilia ed includono tra le altre Ustica, le Eolie, Pantelleria. Una serie di strutture montuose si sviluppano e si affacciano sulla costa tirrenica e sono i complessi Saccense, Imerese, Panormide e le Madonie della catena appennino-maghrebide. A questi si aggiunge l’arco calabro-peloritano costituito da rocce metamorfiche.
L’area della Sicilia meridionale ha caratteristiche molto simili a quelle della penisola apula, caratterizzato da rocce carbonatiche non coinvolte nella deformazione appenninica.
La Sicilia ha una lunga e ben documentata tradizione di viticoltura influenzata da greci, fenici, romani ed arabi. Lo sviluppo della viticoltura è continuato ininterrottamente durante questi periodi storici come dimostra l’ampia varietà di cultivar indigeni e oggi rappresenta la regione italiana con maggiore superficie vitata. Il 65% delle uve coltivate è a bacca bianca e il vitigno più diffuso è il Catarratto bianco comune, mentre per i vini rossi la fa da padrone il Nero d’Avola. La Sicilia comprende 23 DOC e una DOCG quella del Cerasuolo di Vittoria un vino tradizionale del ragusano ottenuto con uve nero d’Avola e Frappato.
- L’area più ampia coperta da vigneti si trova nella parte occidentale dell’isola dove si trovano anche le principali DOC (Marsala, Alcamo, Sciacca, Menfi, ecc.). Questa area è caratterizzata prevalentemente dalla presenza di marne, sabbie e calcareniti. Tra i vini prodotti si menziona l’Alcamo, un vino bianco prodotto da una varietà di uva bianca denominata Catarratto Bianco Comune e/o Bianco Lucido (80-100%). I vigneti si trovano in aree collinari, caratterizzate dalla presenza prevalente di depositi arenaceo-marnosi e pelitici. Più a ovest si entra nella zona del Marsala DOC uno dei vini più famosi al mondo, prodotto in diverse tipologie (Fine, Superiore, Vergine e Soleras).
2. Nell’area a sud, tra Ragusa, Castiglione e Licata si sviluppano le aree DOC Riesi e Cerasuolo di Vittoria coltivato su terrazzi e ripiani costieri con incisioni che tagliano rocce calcarenitiche.
3. In Sicilia sud orientale nell’area vitivinicola compresa tra Siracusa e Capo Passero degna di nota è la DOC Eloro dove vengono prodotti vini rossi e rosati con uve Nero d’Avola, Frappato e Pignatello.
4. Salendo più a nord un’altra area di produzione è localizzata sui fianchi dell’Etna. Qui affiorano suoli particolari che derivano dalla combinazione di sedimenti vulcanici fertili ed un microclima favorevole. I vigneti crescono su terreni vulcanici di composizione basaltica e da cenere e lapilli. Qui si produce l’Etna DOC in diverse tipologie, bianco, spumante, rosso e rosato. I cultivar indigeni più usati per produrre l’Etna bianco sono il Carannante e il Catarratto, mentre per L’Etna rosso e rosato si usa il vitigno Nerello Mascalese.
5. Ancora più a nord si entra nella zona vitivinicola del messinese con le aree DOC Faro e Mamertino, da quest’ultima, nota sin da epoca romana per i vini prodotti, arriva il Mamertino rosso ottenuto da uve Nero d’Avola e in minor parte Nocera.
6. Infine consideriamo le piccole isole di Lipari e Pantelleria che producono vini altamente alcolici: la Malvasia di Lipari, il Moscato di Pantelleria e il Passito di Pantelleria. Quest’ultimo è un vino speciale prodotto a Pantelleria, un’isola vulcanica caratterizzata da rocce nere basaltiche dove le viti crescono su suoli altamente disgregati costituiti da pomici a composizione trachitica. Sia il Passito che il Moscato vengono prodotti con uve Zibibbo (dall’arabo zabib, frutta appassita al sole).
La Sardegna è la seconda isola più grande del Mediterraneo e la regione geologicamente più antica. Le rocce affioranti sono il risultato di diverse fasi deformative che si sono succedute nell’isola a partire dal Paleozoico.
La viticoltura è praticata su larga parte dell’Isola e i vigneti sono considerati tipici del paesaggio sardo assieme ai nuraghi e alle pecore. Nel golfo di Cagliari, nel Sulcis e nel Gabren di Campidano si osservano piantagioni moderne con numerosi filari per ettaro. Mentre nelle parti interne e settentrionali dell’isola vi sono ancora numerose piante ad alberello.
L’unica zona pianeggiante dell’isola è la depressione tettonica del Campidano che si sviluppa tra Cagliari ed Oristano. Sebbene quest’area fosse inospitale fino a qualche decade fa, oggi è ricoperta da vigneti altamente produttivi tra i quali il Campidano di Terralba DOC. Il tipico clima mediterraneo con le assolate estati favorisce la maturazione dell’uva persino nella parte centrale dell’isola dove si elevano le montagne costituite da rocce granitiche.
La viticoltura in Sardegna ha antiche origini antiche ed è attualmente molto conosciuta a livello internazionale. Il 70% delle uve coltivate è a bacca nera e il vitigno più diffuso il Cannonau, mentre tra le uve bianche il Vermentino e il Nuragus; nella produzione dei vini prevalgono di poco i vini rossi. Nell’isola ci sono 17 aree DOC ed 1 DOGC, quella del Vermentino di Gallura.
Il Cannonau DOC, importato dalla Spagna nell’antichità, è uno dei vini più conosciuti della Sardegna. È un vino rosso prodotto principalmente nell’area del Campidano e di Nuoro, in particolare nell’area di Oliena, dove sono presenti terreni granitici, in quella di Dorgali dove il substrato è costituito da basalti recenti (Plio-Pleistocene) e a Jerezu dove troviamo terreni granitici e metamorfici. Sono stati rilevati differenti sottotipi geografici: Oliena, Nepente di Oliena, Capo Ferrato e Jerzu.
Alcuni vini raggiungono la loro massima espressione in specifici contesti ambientali come il Vermentino, che preferisce un substrato granitico tipico della Gallura o la Malvasia di Bosa che preferisce i depositi vulcanici sciolti. Quest’ultimo è un vino bianco DOC prodotto in un’a area veramente ristretta nella costa nord occidentale dove i vigneti sono coltivati in piccole proprietà. Nel dettaglio il substrato consiste in ignimbrite riolitiche ed altre rocce piroclastiche ricche in potassio.
Altri vini degni di nota sono Carignano del Sulcis DOC, rosso ottenuto con uve del vitigno Carignano storico dell’isola, mentre nel cagliaritano si menzionano il Nasco di Cagliari DOC (vino Dolce naturale ottenuto da uve Nasco) e il bianco Nuragus di Cagliari DOC (prodotto con una varietà locale di Nuragus).