Tra storia e geologia: il fascino del cratere di Castiglione e delle antiche cave di Lapis Gabinus nel Lazio

L’affascinante incontro tra una storia millenaria e la geologia vulcanica nel cuore di Gabii, antica città romana ai margini del suggestivo cratere di Castiglione

di Patrizia Macrì, Rocco Bochicchio, Chiara Andreotti

Situata sulla via Prenestina antica, a circa 20 chilometri a est di Roma, l’antica città di Gabii ha rappresentato uno dei centri politici e culturali più importanti del Lazio in epoca protostorica. Ubicata nei pressi di un lago vulcanico ora prosciugato, il lago di Castiglione, Gabii fu probabilmente fondata dagli abitanti della città latina di Alba Longa, divenendo un importante centro abitato già durante l’età del bronzo e del ferro e mantenendo poi la sua importanza nel corso dell’epoca romana.

Durante l’età arcaica, Gabii fu una delle città latine più influenti e prosperose. Famosa per la sua posizione strategica lungo la via Praenestina, una delle principali vie di comunicazione dell’epoca, la città è menzionata in molte fonti antiche, tra cui le opere di Tito Livio e di Dionigi di Alicarnasso.

L’area archeologica è oggi situata in alto, sul bordo del cratere che ospitava il paleolago di Castiglione. Qui sono state rinvenute le testimonianze di antiche cave di Lapis Gabinus, noto anche con il nome generico di Peperino dei Colli Albani o Pietra Gabina, ampiamente sfruttate dai romani a partire dall’età repubblicana. Si tratta di una zona dal fascino particolare, dove storia e geologia si intrecciano con il cratere di un antico vulcano sullo sfondo, il cratere di Castiglione.

Il cratere di Castiglione

Il cratere di Castiglione è un’antica formazione vulcanica, caratterizzato da una morfologia quasi perfettamente circolare e con un diametro di 1.3 km. Rappresenta l’espressione superficiale del condotto alimentatore di un antico vulcano. La sua storia geologica è stata influenzata da attività vulcanica esplosiva di tipo freato-magmatica, che ha contribuito alla formazione del paesaggio circostante.

La morfologia del cratere rappresenta l’espressione superficiale del condotto alimentatore di un piccolo vulcano. Queste strutture si formano a seguito di una attività vulcanica esplosiva di tipo freato-magmatica, quando cioè il magma in risalita viene a contatto con l’acqua sotterranea contenuta nei sedimenti.

L’attività esplosiva di Castiglione ebbe luogo tra 400 e 300 mila anni fa. Successivamente l’acqua, proveniente dalle precipitazioni e dalla sottostante falda freatica, riempì il cratere formando un vero e proprio lago, sul cui fondo cominciò la lenta deposizione di sedimenti fini (argille) intervallate da episodici strati costituiti da materiale vulcanico proveniente dalle eruzioni dei vicini vulcani laziali (Sabatini, Vico-Cimino, Vulsini) e dei più lontani complessi vulcanici campani (Campi Flegrei, Ischia e Vesuvio).

La sedimentazione nel paleolago si interruppe nel XVII secolo, quando si pensò di prosciugare il lago una prima volta per sfruttare i suoi terreni a scopo agricolo. In seguito fu nuovamente bonificato all’inizio del XIX secolo.

È questo il più meridionale fra i distretti vulcanici del Lazio. I suoi prodotti eruttivi, lave e tufi, sono stati usati fin dall’antichità come materiale di costruzione.

Il cratere di Castiglione (GoogleEarth)

Il Lapis Gabinus

Una delle caratteristiche della valle di Castiglione è la presenza di cave di Lapis Gabinus, noto anche come Peperino o Pietra Gabina. Si tratta di un tipo di tufo compatto, di colore grigio scuro, ricco di frammenti litici (lavici e sedimentari) bianchi e neri e di cristalli di feldspato e pirosseno. Per le buone caratteristiche fisico-meccaniche rappresenta una pietra da costruzione solida e facile da lavorare. Per questo motivo il suo impiego è stato molto diffuso sia in loco che in importanti monumenti dell’antica Roma.

Lapis Gabinus o Pietra Gabina (foto di F. Marra)

Vediamone alcuni

Nell’antica città di Gabii il peperino è stato il principale elemento costruttivo del Tempio di Giunone, dedicato ad una delle principali divinità del pantheon romano: la dea Giunone. Costruito nelle sue forme monumentali durante il periodo repubblicano romano, il tempio era un importante centro religioso e culturale per gli abitanti della città e di quelle circostanti. L’edificio riferibile alla cella è interamente realizzato con blocchi parallelepipedi direttamente ricavati dalle cave presenti ai margini della città antica. Il tempio è stato oggetto nel corso del ‘900 di scavi archeologici che hanno portato alla luce numerosi reperti e testimonianze dell’antica vita religiosa e culturale della città.

Area archeologica di Gabii (Foto di C. Caricchi)

Il Lapis Gabinus a Roma

Nell’antica Roma il Lapis Gabinus fu ampiamente utilizzato. Tra i vari monumenti realizzati ricordiamo la tomba di Cecilia Metella, grandioso monumento funerario situato nei pressi della via Appia Antica. Qui il tufo è utilizzato per la costruzione delle mura esterne del mausoleo stesso, conferendo un aspetto imponente e duraturo a questa struttura sepolcrale, una delle testimonianze più significative dell’antica architettura romana ancora visibili oggi.

Il mausoleo di Cecilia Metella sull’Appia Antica a Roma (Di Livioandronico2013)

I Romani usarono il Lapis Gabinus nel Foro di Augusto principalmente per la costruzione del muro di fondo, divisorio tra il Foro e il quartiere della Suburra. Il muro è alto fino a 33 metri nel tratto più elevato, e doveva isolare e proteggere il Foro dalla retrostante Suburra, quartiere popolare e sovraffollato nel quale gli incendi erano frequentissimi.

Il Foro di Augusto (di NikonZ7II)

Con la sua caratteristica facciata ad archi, il Tabularium, l’Archivio di Stato, domina tutto il Foro Romano. Qui la Pietra Gabina è intervallata con caratteristici blocchi rossastri di tufo dell’Aniene. E’ il luogo dove i Romani conservavano le tabulae ovvero le leggi emanate dalla città. E’ sicuramente tra gli edifici più noti a Roma realizzati con il peperino.

Il Tabularium (di Rita1234)

Ancora i Romani utilizzarono la Pietra Gabina per realizzare il teatro di Pompeo, il primo teatro della città costruito in muratura, le pareti del primo tratto della Cloaca Maxima, le tabernae poste sui lati lunghi del Foro di Cesare.

I Romani utilizzarono i blocchi di Lapis Gabinus anche per costruire i ponti di Fabricio, Emilio, Milvio e di Nona. In particolare quest’ultimo si trova al nono miglio dell’antica via Prenestina che conduceva da Roma a Praeneste (attuale Palestrina) passando per Gabii.  Lungo 72 metri, alto 16 metri e sostenuto da 7 arcate con luce di 6 metri, può essere considerato un capolavoro dell’ingegneria romana: costruito intorno alla fine del II secolo a.C. su di esso ancora oggi scorre il traffico delle nostre auto.

Ponte di Nona

Gli studi scientifici

Oltre all’interesse archeologico e storico questa area ricopre anche un importante interesse per chi studia le variazioni climatiche del passato. A partire dagli anni 70 diverse ricerche scientifiche hanno avuto come oggetto di studio la successione lacustre all’interno del cratere di Castiglione. Lo scopo è stato quello di ricostruire le caratteristiche stratigrafiche, micropaleontologiche e il contenuto in ceneri vulcaniche del paleolago. I sedimenti del lago contengono infatti una registrazione continua delle variazioni paleoambientali occorse localmente durante gli ultimi cicli glaciale/interglaciale e importanti informazioni sulle variazioni paleoclimatiche.

Nel 2021 Il team di AMUSED (INGV AMUSED) ha effettuato una nuova perforazione che ha permesso di recuperare una lunga carota sedimentaria. Dallo studio di questo campione i ricercatori ricaveranno nuovi dati utili alla comprensione delle variazioni del clima del passato. La perforazione ha attraversato i quasi 130 metri di sedimenti lacustri. Ha raggiunto per la prima volta il fondo del lago costituito da materiale vulcanico fornendo informazioni preziose. Gli studi hanno consentito di definire l’età del cratere che è risultata più vecchia di quanto si pensasse. Le nuove datazioni effettuate sui livelli vulcanici presenti la datano a circa 350.000 anni fa.

Oggi, chi si reca all’area archeologica di Gabii, troverà sul bordo del cratere che delimita il paleolago, un cartello descrittivo sulla storia geologica del luogo. E’ stato curato dagli esperti che partecipano al Progetto AMUSED-INGV, realizzato in collaborazione con la Soprintendenza Speciale di Roma.


Rocco Bochicchio e Chiara Andreotti afferiscono al MiC – Soprintendenza Speciale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Roma

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