Sotto i Raggi del Sole: il brillamento solare del 31 dicembre 2023

Il 31 dicembre il Sole ha emesso il brillamento solare più intenso del ciclo solare 25. La rete di monitoraggio INGV ne ha registrato gli effetti sulla ionosfera terrestre

di Riccardo Vagni, Giorgiana De Franceschi e Claudio Cesaroni 

Il 31 dicembre 2023, alle 16:55 EST (Eastern Standard Time, 21:55 UTC), il Sole ha rilasciato una potente eruzione solare. Infatti, poche ore dopo essere emersa nella parte orientale del disco solare, la grande macchia solare AR3536 ha prodotto un importante brillamento registrato da SDO, l’osservatorio solare della NASA, come un chiaro lampo luminoso.

Il brillamento solare del 31 dicembre 2023 appare come un punto luminoso sulla sinistra del disco solare (crediti: NOAA SWPC)

Questo brillamento è stato classificato come X5.0 ed è il brillamento più forte del Ciclo Solare 25 osservato fino questo momento. In particolare è l’eruzione più potente che il Sole abbia prodotto dai tempi delle grandi tempeste del settembre 2017.

Cosa è un brillamento solare?

I brillamenti solari sono intense emissioni di radiazione in tutto lo spettro delle onde elettromagnetiche, dalle onde radio ai raggi X e gamma e possono avere una durata che va da minuti a ore. Si verificano quando l’energia immagazzinata dal campo magnetico associato a una macchia solare viene improvvisamente rilasciata.

Un brillamento può avere conseguenze di vario genere sul nostro pianeta.

Le conseguenze più immediate si osservano già alcuni minuti dopo il brillamento, quando la radiazione emessa, che viaggia alla velocità della luce, raggiunge gli strati più alti della nostra atmosfera (ionosfera). Sono soprattutto i raggi X a causare gli effetti più notevoli: aumentano la ionizzazione (produzione di elettroni liberi), causando l’assorbimento delle onde radio che attraversano l’atmosfera.

I brillamenti solari sono classificati in cinque classi di potenza a seconda della loro luminosità nei raggi X.

In ordine crescente di potenza sono A, B, C, M e X, ogni classe è dieci volte più potente di quella precedente (si dice che la scala è logaritmica).

Che effetti hanno i brillamenti sul nostro pianeta?

I brillamenti di minore intensità, classificati come A, B  e C sono piuttosto frequenti e hanno un basso impatto sulla Terra.

I brillamenti di classe M di medio-grande entità, sono in grado di provocare blackout radio nell’emisfero terrestre rivolto al Sole e soprattutto nelle zone vicine al mezzogiorno locale.

Infine i brillamenti di classe X, i più intensi,  si verificano poche volte l’anno soprattutto durante il periodo di massima attività di ogni ciclo solare.

Quando si tratta di brillamenti di classe X, i loro effetti possono provocare problemi di trasmissione globale e blackout a livello mondiale, colpire i satelliti ed esporre i passeggeri degli aerei che volano vicino ai poli a dosi minime di radiazioni. Nell’utilizzo di segnali radio ad alta frequenza (HF), in particolare per la gestione delle emergenze, si può sperimentare un degrado temporaneo o addirittura una completa perdita del segnale.

Il monitoraggio della ionosfera

L’impatto di un brillamento può generare irregolarità di densità elettronica nella ionosfera (scintillazioni) che possono causare diffrazione e dispersione dei segnali radio che la attraversano. Possono presentarsi così seri problemi ai segnali satellitari, compromettendo, per esempio, la qualità delle soluzioni fornite dei sistemi di navigazione GNSS (Global Navigation Satellite Systems) come ad esempio il GPS.

Per monitorare questi effetti e più in generale lo stato della ionosfera, si può studiare proprio il disturbo registrato da  ricevitori GNSS per risalire alla causa che lo ha generato.  Il dato registrato dai ricevitori  è quindi materiale prezioso per i ricercatori proprio per capire, a posteriori e in tempo reale, l’effetto del brillamento sul nostro pianeta.

Le aree polari

Il monitoraggio della ionosfera è particolarmente importante nelle zone polari perché, a causa della morfologia del campo magnetico terrestre, queste sono le zone direttamente connesse al flusso di particelle che viene costantemente emesso dal Sole e chiamato vento solare. La ionosfera delle zone polari, infatti, viene ionizzata per effetto diretto del vento solare soprattutto in condizioni di tempesta solare e geomagnetica. La disponibilità dei dati ionosferici ad alta latitudine, quindi, permette di comprendere al meglio quei fenomeni che danno origine ai disturbi più o meno importanti.

Con il crescente sfruttamento delle rotte polari, sia per il traffico marittimo che per quello aereo, è diventato indispensabile monitorare e modellare la ionosfera polare al fine di mitigare i rischi connessi alle perturbazioni indotte nella ionosfera di alta latitudine dai disturbi solari e geomagnetici e all’impatto che queste hanno sui sistemi tecnologici utilizzati per il posizionamento, la navigazione e la comunicazione a lunga distanza.

La rete di monitoraggio INGV

L’INGV ha realizzato una rete di ricevitori in grado di fornire in tempo reale informazioni sulle condizioni ionosferiche.

La rete di monitoraggio è in continuo aggiornamento. Attualmente è costituita da punti di osservazione in aree polari come in Artide alle Isole Svalbard (Norvegia) e in Groenlandia e in Antartide (Concordia e MZS). Ma la rete comprende anche punti a medie e basse latitudini come l’isola di Lampedusa (Italia), in Sud America, nel Sud Est asiatico e in Africa.

Nella mappa sono riportati i punti del network gestiti dall’INGV anche in collaborazione con altri Enti e Organizzazioni locali. Oltre alla rete GNSS (in verde) sono riportati anche i punti dove sono installati i radar HF (ionosonde), utilizzati per il sondaggio verticale della ionosfera. Una lista completa delle stazioni è disponibile sul sito eSWua sotto la voce “network”.

Punti osservativi della rete per il monitoraggio ionosferico. I dati registrati dalla rete sono fruibili in tempo reale sul portale dedicato eSWua

Come è stato registrato il brillamento solare del 31 dicembre?

 I nostri sistemi per il monitoraggio della ionosfera hanno messo in chiara evidenza l’impatto del brillamento di classe X sulla ionosfera terrestre.

Tra i vari punti di osservazione, quelli in Antartide hanno registrato l’evento in modo particolarmente evidente. Il network di strumenti attualmente operanti in Antartide è composto da ricevitori GNSS installati presso la stazione italiana “Mario Zucchelli”, la stazione italo-francese”Concordia” e la stazione sud africana “SANAE IV”.

Il network di strumenti attualmente operanti in Antartide è composto da ricevitori GNSS installati presso la stazione italiana “Mario Zucchelli”, la stazione italo-francese”Concordia” e la stazione sud africana “SANAE IV”

Nella figura seguente sono riportati i dati registrati presso stazione Mario Zucchelli. Come è evidente, alle ore 21:55 UTC del 31 dicembre, è presente un picco che indica che effettivamente a quell’ora qualcosa ha perturbato la parte alta dell’atmosfera terrestre.

Dati registrati presso la stazione Mario Zucchelli. Alle ore 21:55 UTC del 31 dicembre, è presente un disturbo indicato dalla freccia rossa

Nelle immagini che seguono si possono vedere l’antenna del ricevitore GNSS ospitata nella base italiana Mario Zucchelli e l’interno del laboratorio ionosferico. Qui il ricevitore GNSS e i sistemi informatici consentono le osservazioni e la raccolta dei dati che vengono trasmessi in tempo reale in Italia. Tutti le informazioni sono consultabili sul portale INGV eSWa. Crediti delle immagini: PNRA

Riccardo Vagni partecipa in questo momento (gennaio 2024) alla XXXIX campagna in Antartide e si trova presso la base italiana Mario Zucchelli


 

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