Zero Calcare, a Roma, esiste solo nei fumetti…

Per una legge universale ancora mai dimostrata, ma tuttavia solida quanto quella di Newton, a Roma i problemi alla caldaia si manifestano sempre d’inverno e sotto le feste. È accaduto anche a me in questa fine anno del 2022. Alla fine la colpa sarà sempre del calcare. Ma la vogliamo dire la verità sul calcare presente nell’ acqua di Roma?

di Adriano Nardi

Iniziamo dalla storia

La fortuna dell’impero romano è stata anche quella di poter contare sempre sull’ acqua di Roma. Nessuna città può svilupparsi e prosperare senza il giusto approvvigionamento d’acqua e Roma ne ebbe in abbondanza. Dalle numerose sorgenti locali a quella introdotta in città con acquedotti monumentali già dal 312 a.C.

Grazie a questa abbondanza i romani poterono reinventare le terme, riproducendo artificialmente bagni d’acqua calda, ed ebbero modo di realizzare per la prima volta in Europa anche la rete… fognaria. Grazie a questo gli antichi romani avevano anche gabinetti pubblici piuttosto igienici (per l’epoca) perché dotati di acqua corrente che andava a scaricarsi nelle fogne.

Ma questa abbondanza ebbe un prezzo. L’acqua di Roma è estremamente “dura”, perché è satura di sali minerali. Primo fra tutti quello che chiamiamo amichevolmente calcare. Ne sanno qualcosa le storiche fontane di Roma, che sono spesso rivestite di una crosta biancastra di carbonato di calcio il cui spessore può testimoniarne l’antichità.

Gli antichi romani hanno lasciato il segno nella storia del mondo per molti importanti motivi e tra questi l’idraulica sanitaria. Nella figura l’archetipo di un “vaso sanitario” rinvenuto a Roma presso le terme di Caracalla. Impossibile non notare il particolare design a forma di biga che sottolinea ironicamente lo status symbol derivato dall’uso di questo… sedile.

Un po’ di geografia

L’area intorno a Roma è caratterizzata da acque il cui grado di durezza è tra i maggiori nel nostro Paese. Quest’acqua proviene da piogge cadute nella parte più centrale del Lazio, dove il reticolo fluviale la convoglia prevalentemente in direzione Est-Ovest, dal versante occidentale dell’Appennino centrale verso il mar Tirreno. Queste acque provenienti dall’Appennino centrale sono necessariamente scivolate sopra alle sue rocce calcaree e in gran parte le hanno anche permeate, prima di mescolarsi con quelle della pianura e raggiungere infine la città di Roma, ormai in prossimità del mare.

Più una sorgente è alta in quota e più la sua acqua potrà essere pura. Ma l’acqua di Roma, anche sorgiva, è prossima al livello del mare e ha percorso tanta strada. Nessuna acqua di Roma, anche sorgiva, anche potabile, potrà mai essere pura come una sorgente alpina.

La zona centro-meridionale del Lazio infine ha una caratteristica interessante: è ricca di cave di travertino. Questa pietra calcarea impiegata per uso ornamentale qui si trova in tale quantità e di tale pregio che ancora oggi la si estrae per essere esportata in tutto il mondo. Anche oggi a Roma sono in travertino la maggior parte degli edifici monumentali antichi e moderni. L’arte ha saputo trasformare un’incrostazione calcarea in qualcosa di luminoso ed elegante.

l' acqua di Roma alimenta le sue fontane come la fontana di trevi
La celebre “Fontana di Trevi” fu inaugurata nel 1762. Il suo complesso monumentale ha le colonne in travertino e poggia su una falsa scogliera, anch’essa di travertino. [Foto: C. Caricchi]

Un minimo di chimica (niente paura!)

Ma chi ce l’ha messo il calcare nell’acqua? Semplicemente la pioggia che cade in montagna. La roccia carbonatica, composta cioè da carbonato di calcio, reagisce con la pioggia e l’aria formando un altro sale (il bicarbonato di calcio) che a differenza del primo è solubile in acqua. Quel “bi” fa la differenza. In questo modo quella che era stata dura roccia può letteralmente sciogliersi nell’acqua come lo zucchero, a patto che questa rimanga sempre fredda. La temperatura è determinante. Così la pioggia erode la montagna trasportando via del minerale in soluzione. È proprio questo sale bicarbonato a rendere “dura” l’acqua di Roma. Ma questa è una reazione reversibile e potrà restituire l’originario carbonato non appena l’acqua sarà riscaldata dal mite clima di pianura (o dalla nostra caldaia) o anche solo schizzata (e qui gioca anche la pressione) nelle fontane di Roma o nella nostra doccia. Quel sale carbonato, che non era solubile, adesso “precipita” dall’acqua restituendoci sotto forma di incrostazione calcarea lo stesso minerale che era stato eroso dalle montagne. Ecco il famigerato calcare.

 Un poco di geologia

Questo fenomeno erosivo si chiama carsismo. Le rocce erose sono i calcari cristallini presenti in abbondanza sul versante occidentale dell’Appennino centrale. Il carsismo è il responsabile della formazione delle grotte naturali o carsiche. L’acqua che penetra nelle fessure della roccia la erode ancora divorando dall’interno e formando vaste cavità il cui volume vuoto corrisponde a un’uguale quantità di roccia che è stata portata via in soluzione e… da qualche parte dovrà infine depositarsi (per esempio nel nostro bagno).

Ma le grotte più belle da visitare sono quelle in cui l’erosione ha ceduto il posto alla deposizione calcarea di ambiente ipogeo. Stalattiti, stalagmiti, colonne (e molti altri speleotemi ancora) altro non sono che depositi calcarei armoniosamente prodotti dalla natura indisturbata nel corso dei millenni. La bellezza delle grotte è dovuta a un “arredamento” naturale fatto proprio di incrostazione calcarea. E pure (vai a capire le persone!) quando lo stesso fenomeno accade nel nostro bagno… non viene più apprezzato da nessuno!

Esempi di concrezioni calcaree in una grotta del Lazio. Quando osserviamo lo stesso fenomeno in un ambiente immenso come la “Grotta grande del vento” di Frasassi, quella cavità ci apparirà decorata come una cattedrale. [Foto: Associazione Speleologi Romani]
La precipitazione di calcare nelle grotte è detta deposizione chimico-fisica ipogea (sotto terra) e fa da controparte a quella epigea (di superficie) da cui invece nasce il travertino. Questa roccia si forma intorno alle cascate, finché arrivano gli schizzi d’acqua, oppure quando in un bacino evaporitico, ovvero uno specchio d’acqua stagnante e poco profondo, il calcare incrosta il fondale mentre l’acqua sta evaporando lentamente. Quest’ultimo caso è analogo a come si produce il “sale” in una salina (lì però sarà acqua di mare da cui precipita del cloruro di sodio: il sale da cucina). Nel bacino di Tivoli, quasi centomila anni fa, si formò quello strato di travertino che in tempi storici è stato usato per ornare la città di Roma. Ancora oggi una grande quantità viene esportata per fare la sua figura in ville e hotel di lusso in tutto il mondo. Possiamo ben dire che di calcare a Roma… ne abbiamo da vendere!

acqua di roma
Cava di travertino a Guidonia, in provincia di Roma [Foto: Wikipedia]. Alla sua origine c’è un fenomeno di precipitazione fisico-chimica epigea di portata spettacolare. L’oggetto rosso alla sinistra dello specchio d’acqua è una gru a lavoro nella cava. Sullo sfondo la sezione dello strato di travertino… di fatto un’incrostazione calcarea spessa fino a 40 metri.

Finalmente la tecnologia

Dopo aver visto da vicino tutto ciò che avviene in natura, non sarà difficile adesso capire quello che accadrà necessariamente anche nei nostri impianti termoidraulici. La differenza è che la natura impiega tempi geologici. Cioè opera molto lentamente. Perfino le fontane di Roma lavorano nei limiti fisici dell’ambiente atmosferico e si incrostano abbastanza lentamente. Diciamo in tempi storici.

La nostra caldaia invece lavora totalmente al di fuori dei valori di T e P atmosferici, accelerando questo fenomeno fino al parossismo (come si direbbe in geologia). Quando ci laviamo, noi chiediamo alla caldaia una temperatura dell’acqua di almeno 40 °C. Tuttavia la macchina raggiungerà anche 200 °C per poter scaldare, al solo passaggio, quel flusso d’acqua da noi richiesto. Ciò significa che al contatto con la serpentina (la parte sensibile al calcare di lavatrici, lavastoviglie o scaldabagni) l’acqua si trova largamente in condizioni di sovrasaturazione e non può far altro che depositare almeno il sale più difficile da mantenere: quel carbonato di calcio che aveva faticosamente eroso dalle montagne. Così sul rame della serpentina si depositerà una crosta calcarea sempre più spessa e termicamente isolante, obbligando la macchina ad erogare sempre più calore per poter garantire all’utente la consueta richiesta. Uno strato di 1,5 mm può ridurre del 10% il rendimento della caldaia. Alla fine qualcosa andrà storto: un sensore di temperatura andrà in blocco o il metallo si crepa e perderà acqua mandando in blocco un altro sensore. Ecco che rimarremo senz’acqua calda (probabilmente di domenica) e chiameremo un tecnico che darà la colpa al calcare. Questo non accadrà certo in pochi giorni ma tuttavia nell’arco di diversi anni anziché dei millenni. Perché accade più spesso d’inverno? Una spiegazione ci sarebbe. D’inverno l’acqua fredda sarà più satura di bicarbonato e noi la scalderemo più spesso e intensamente. Ma perché sempre di domenica o sotto le feste?? Beh… quella sì, è davvero sfortuna!

Le conclusioni sull’ acqua di Roma

Gli idraulici a Roma ci sono sempre stati e hanno sempre dovuto fronteggiare il calcare. Oltre 2000 anni di dominazione calcarea. Perfino l’arte ne ha risentito. È la natura geologica e geografica del territorio a determinarlo. Quello dell’incrostazione calcarea non è un problema di Roma ma il problema fisiologico di un’intera penisola caratterizzata da catene montuose di roccia carbonatica.

Per fortuna oggi esistono dispositivi in grado di mitigarlo. Grazie a questi la nostra caldaia potrebbe avere una vita più lunga. Tuttavia questa tecnologia non può fare i miracoli. Quando una caldaia si rompe ancora in garanzia il tecnico dirà che la garanzia non vale perché la colpa è del calcare (come dire che è colpa di Roma). È chiaro però che la mia acqua è uguale a quella dei miei vicini di casa. Solo la caldaia non lo è. Facciamo piuttosto quest’altra ipotesi: costruendo la serpentina con uno spessore di rame troppo sottile, questa costerà di meno al fabbricante e magari scalderà l’acqua più rapidamente ma poi potrebbe non sopravvivere al periodo di garanzia, se installata a Roma. Quando si romperà scopriremo che la caldaia era adatta a lavorare solo con acqua dolcissima e quindi… dove? In Sardegna? In Trentino? Un impianto domestico non dovrebbe essere concepito per lavorare genericamente sul pianeta Terra? Ma se per avere la garanzia si è obbligati ad aggiungerci dopo un dispositivo anticalcare senza nemmeno essere informati sul fatto che con ciò l’acqua potrà non essere più potabile, forse è perché si sa già qual è il problema. Non Roma ma la caldaia. Questo è il caso estremo in cui mi sono imbattuto sotto le feste di Natale del 2022: una caldaia rotta a metà della vita di garanzia e il calcare come capro espiatorio.

Del resto questo miracolo di far sparire il calcare (almeno a Roma) è davvero difficile da invocare. Non si salvano nemmeno le fontane di Piazza S. Pietro! A Roma, se parliamo seriamente di “Zero Calcare”… probabilmente è di fumetti che stiamo parlando.


L’autore ha pensato questo testo come supporto per gli insegnanti che hanno la necessità di fare una lezione di scienze sull’argomento. Per loro è disponibile una versione più estesa del testo scaricabile gratuitamente da qui.


 

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