Acqua Alta a Venezia: le prossime sfide del MoSE

L’evento eccezionale di acqua alta a Venezia del 2019 sottolinea l’importanza del MoSE come un efficace sistema di protezione per la laguna. Tuttavia, la complessa interazione tra fattori naturali, antropici e cambiamenti climatici, richiedono un approccio coordinato per preservare la città e la sua laguna dal continuo aumento del livello marino

di Marco Anzidei e Tommaso Alberti

Il 12 novembre del 2019 si è verificato un evento record di acqua alta a Venezia, con un aumento del livello marino di ben 187 cm, il maggiore mai registrato dopo il 1966. Questa è stata la più grave alluvione avvenuta nella città lagunare in più di 50 anni, causando l’allagamento della quasi totalità del centro storico, centinaia di milioni di euro di danni e gravi disagi per residenti e turisti.

Le immagini di piazze e strade sommerse dall’acqua dell’Adriatico hanno suscitato preoccupazione a livello mondiale per la sicurezza e la preservazione del patrimonio culturale e architettonico di Venezia.

Foto di Marco Anzidei

Perché si verifica l’Acqua Alta?

Gli eventi di Acqua Alta a Venezia sono il risultato di due principali componenti: la marea astronomica, associata al movimento dei corpi celesti, in particolare Luna e Sole, e il contributo meteorologico derivante dalle condizioni atmosferiche. Quando si verificano condizioni meteorologiche caratterizzate da bassa pressione e forti venti di scirocco, il contributo meteorologico assume un’importanza significativa, generando il fenomeno dell’Acqua Alta.

Foto di Marco Anzidei

Oltre alle maree, entrano in gioco anche altri fattori, come l’aumento del livello del mare (causato dal riscaldamento globale) e la subsidenza (abbassamento del suolo dovuto a cause naturali o antropiche) che agiscono nel tempo, aumentando gli effetti del fenomeno.

Il ruolo del cambiamento climatico

L’evento di acqua alta avvenuto a Venezia nel 2019 ha sollevato preoccupazioni crescenti riguardo agli effetti del cambiamento climatico, portando l’attenzione sulle sfide che le città costiere affrontano a causa dell’innalzamento del livello del mare e degli eventi meteorologici estremi. Il cambiamento climatico è ampiamente considerato un importante fattore contributivo all’aumento della frequenza e della gravità degli eventi meteorologici estremi, compresi i picchi di marea e le inondazioni. Le zone costiere, come la città di Venezia e la sua laguna, sono particolarmente vulnerabili a questi eventi richiedendo un approccio realistico per valutare i rischi e le proiezioni future delle inondazioni, nonché le strategie di adattamento e mitigazione.

Il sistema di protezione MoSE

Il MoSE, acronimo di Modulo Sperimentale Elettromeccanico, è un sistema di barriere mobili progettato per proteggere la laguna di Venezia dalle inondazioni causate dall’acqua alta.

Il progetto, nato nel 1980, venne avviato nel 2003 con i primi lavori per l’installazione delle strutture. Il completamento del progetto è stato soggetto a diversi ritardi e problemi tecnici, che hanno causato un allungamento dei tempi previsti per la sua attuazione.

Il sistema consta di 78 paratoie mobili collocate alle 4 bocche di porto che separano la laguna dal mare Adriatico: 2 alla bocca di porto del Lido (più vicina a Venezia); 1 alla bocca di porto di Malamocco e 1 barriera alla bocca di porto di Chioggia.

Progetto originale del Mose

Le prime prove di funzionamento del MoSE sono iniziate nel 2013 ma solamente nel 2020 il sistema è stato completamente sperimentato e messo in funzione per rispondere agli allertamenti di alte maree emessi dal Centro Maree del Comune di Venezia, come ad es. questo:

Tuttavia, il MoSE è stato oggetto di molte critiche e controversie soprattutto a causa dei ritardi nei tempi di realizzazione, della eccessiva lievitazione dei costi in corso d’opera che hanno raggiunto circa 6,2 miliardi di euro e delle preoccupazioni riguardo alla sua effettiva efficacia nel contrastare l’impatto dell’aumento del livello marino nei prossimi anni e degli eventi estremi indotti dai cambiamenti climatici sulla laguna e sulla città di Venezia.

Un recente studio effettuato  dall’INGV in collaborazione con il Centro Maree del Comune di Venezia, ha dimostrato che il MoSE agisce efficacemente riducendo e controllando l’ampiezza delle fluttuazioni del livello del mare con l’azione delle barriere mobili. Tuttavia, la sua efficacia è fortemente influenzata dalla tempistica della sua attivazione. Il progetto MoSE rappresenta dunque un passo avanti importante ma sono necessarie ulteriori azioni per mitigare gli impatti del cambiamento climatico per proteggere Venezia, bene culturale di valore inestimabile.

Cosa è successo a metà novembre del 2019?

Il severo allagamento di Venezia avvenuto a novembre 2019 è stato il risultato di una combinazione eccezionale di diversi fattori. Infatti, il picco del contributo meteorologico è coinciso perfettamente con il picco della marea astronomica, amplificando gli effetti, insieme al contemporaneo passaggio nel Nord Adriatico e sulla laguna di Venezia di un ciclone di piccole dimensioni che provocò venti locali con raffiche di oltre 100 km/h.

Sebbene il cambiamento climatico causato dall’attività umana rimanga il principale responsabile della maggior parte delle variazioni osservate, l’interazione tra la variabilità atmosferica e quella marina può contribuire all’intensificazione di questi eventi estremi. In particolare, in futuro questi fattori potrebbero potenzialmente portare a conseguenze più gravi rispetto a quelle dell’evento di acqua alta del 2019.

Si deve tenere presente che l’effettiva operatività del MoSE è stata dimostrata solo il 3 ottobre 2020, quando le sue barriere vennero utilizzate per la prima volta per limitare gli effetti di un episodio di  acqua alta. In quella data, un intenso vento di scirocco proveniente dall’Adriatico aveva fatto presagire una marea di altezza eccezionalmente elevata con possibilità di inondazione di oltre il 50% del centro cittadino.

Alle 8:30 del mattino le 78 paratoie del MoSE vennero attivate con successo, impedendo l’aumento del livello marino nella laguna e la conseguente inondazione della città di Venezia che sarebbe stata gran parte sommersa in queste condizioni meteorologiche.
Se, per ipotesi, le paratie del MOSE fossero state chiuse in anticipo il 12 novembre, non si sarebbero verificati danni in varie zone della città.

Dalla sua fase operativa, la chiusura delle barriere ha perlopiù avuto una durata compresa tra alcune ore e 1 giorno, con un tempo medio di chiusura di circa 4/5 ore. In totale, il sistema è stato attivato più di 50 volte. Tuttavia, data la complessità del fenomeno, è necessario affrontare la situazione con uno sforzo coordinato e continuo e il progetto MoSE rappresenta un passo avanti significativo. Nonostante l’alto costo di manutenzione (al momento, circa 63 milioni di euro all’anno), sono comunque necessarie ulteriori azioni  per mitigare gli impatti dei cambiamenti climatici e proteggere questo sito culturale unico al mondo. Ciò richiede un’azione comune da parte di diversi attori, tra cui decision makers, stakeholders, scienziati e comunità locali che, lavorando insieme, possono contribuire attivamente sia a ridurre i rischi derivanti dai sempre più intensi e frequenti eventi estremi sia a contenere gli effetti dell’aumento del livello del mare previsto a Venezia nei prossimi decenni. Secondo recenti studi, nel 2100 il livello medio del mare potrebbe essere più alto di 82 cm e il MoSE dovrebbe  garantire la sicurezza della laguna e la sostenibilità di Venezia e della sua laguna anche in condizioni di eventi estremi.


 

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