Ghiaccio bollente

Il 3 luglio 2022 un seracco si è distaccato improvvisamente dal ghiacciaio della Marmolada, investendo e uccidendo 11 alpinisti lungo il tratto che da Pian dei Fiacconi porta a Punta Penia. E’ questo un amarissimo schiaffo che ci deve far riflettere, imporci una visione olistica che oramai non possiamo più permetterci di posticipare

di Fabrizio De Blasi

La comprensione del cambiamento del sistema Terra è ormai necessaria per non farci trovare impreparati alla nuova “normalità” dei prossimi anni. In risposta ai sempre più frequenti campanelli d’allarme lanciati dalla comunità scientifica, è infatti urgente trasmettere la conoscenza dello stato di fatto del clima attuale, volgendo lo sguardo al passato per gestire al meglio il nostro futuro con azioni responsabili di mitigazione e adattamento. Dobbiamo fare presto, perché più il tempo passa, più le conseguenze saranno importanti.

Dalla seconda metà del 1800 la temperatura media terrestre è aumentata di oltre 1°C.  La velocità con cui si è verificato questo incremento non è mai stata registrata negli ultimi 800 000 anni. Nel corso dell’ultimo milione di anni i periodi caldi e i periodi freddi si sono sempre alternati con periodicità più o meno costante, dovuti a fenomeni naturali interni ed esterni al nostro pianeta. Questi cicli periodici si alternavano ogni 80000 – 120000 anni con la conseguente avanzata o ritiro dei ghiacciai alpini. Durante le ere glaciali le lingue di ghiaccio si estendevano a sud delle Alpi fino a raggiungere i territori dove adesso ci sono i grandi laghi italiani, come ad esempio il lago di Garda. All’estremo opposto, durante i caldi periodi interglaciali, i ghiacciai si sono ritirati sulle nicchie più elevate delle montagne quasi scomparendo totalmente dalla catena alpina. I due estremi di risposta delle masse glaciali, distanti qualche decina di migliaia di anni, erano divisi da poco più di 5°C di differenza di temperatura media annuale. Negli ultimi 170 anni abbiamo misurato un incremento della temperatura media globale pari a circa il 20% di questa differenza. Gli ambienti di alta quota, considerate le sentinelle del cambiamento climatico visto il loro fragile equlibrio, sono particolarmente sensibili alle variazioni tanto da rispondere in maniera più che proporzionale. Se l’innalzamento medio della temperatura terrestre è stato di oltre 1°C, l’aumento nei territori d’alta quota è stato quasi il doppio.

diversa estensione del ghiacciaio corbassiere tra 1850 e 2018. le dimensioni si sono molto ridotte
Confronto temporale delle estensioni del ghiacciaio Corbassiere sul Grand Combin (CH) tra il 1850 e il 2018. Nel grafico in basso la serie storica di temperatura ricostruita alla quota della calotta sommitale (4200 m)

La principale causa di questo rapido aumento è l’immissione in atmosfera di gas clima-alteranti in grado di aumentare esponenzialmente l’effetto serra.

I ghiacciai come testimoni dei cambiamenti climatici

I ghiacciai sono un prezioso strumento scientifico perché sono in grado di raccontare le conseguenze delle variazioni climatiche analizzandone le variazioni areali e volumetriche e, parallelamente, custodire all’interno dei loro strati le testimonianze sulle le cause di queste variazioni. Le masse glaciali sono importanti archivi climatici formati da strati successivi di neve trasformata in ghiaccio che fissa, come una fotografia, le condizioni climatiche del momento in cui il fiocco di neve ha raccolto le informazioni sulla composizione dell’atmosfera durante il suo turbinio prima di depositarsi a terra. Se quel fiocco di neve non fonderà, allora nel tempo si trasformerà in ghiaccio mantenendo tutte le sue informazioni originali.

I ghiacciai sono quindi una sorta di termometro per misurare lo stato di salute del clima e al contempo sono un prezioso alleato per comprendere le variazioni climatiche. Studiare le modifiche morfologiche e le informazioni ambientali in loro raccolte ci permette di fare previsioni future e quindi identificare le migliori azioni sociali ed economiche da intraprendere per mitigare gli effetti del cambiamento climatico nel prossimo futuro.

Il futuro dei ghiacciai alpini

Il futuro dei ghiacciai, soprattutto di quelli alpini, è molto grigio. Proprio a causa della bassa inerzia in risposta alla variazione dell’ambiente, i ghiacciai si stanno ritirando a ritmi elevatissimi. Il riscaldamento climatico in atto sta avendo un effetto diretto e devastante sullo stato di salute dei ghiacci. Interi sistemi glaciali si stanno riducendo, disaggregando e alcuni, oramai, scomparendo. Attualmente, in media tutti i ghiacciai delle regioni montuose non polari del pianeta stanno perdendo massa. Dalla catena andina a quella himalayana le calde estati causano un costante ritiro del volume della massa glaciale. La somma annua di queste perdite è pari a circa 340 km3 di ghiacciai, un volume di ghiacciaio esteso come il lago di Garda e alto 1000 m. Ipotizzando che tutta questa acqua si riversi negli oceani, la diretta conseguenza sarebbe l’innalzamento del livello medio del mare di 1 mm all’anno.

Lo stato attuale dei ghiacciai alpini è ancora più preoccupante. A partire dalla seconda metà del XIX secolo, ossia della fine della Piccola Era Glaciale (PEG, ultimo periodo di avanzata dei corpi glaciali alpini), i ghiacciai hanno subito un generale ritiro quasi continuo, perdendo in media circa il 70% della loro area e il 75% della loro massa. Attualmente, le Alpi perdono ogni anno circa l’1.5% del proprio volume glaciale.

Confronto temporale delle estensioni del ghiacciaio de La Mare (IT – TN) tra il 1986 e il 2010.
Confronto temporale delle estensioni del ghiacciaio della Marmolada (IT – BL) tra il 1942 e il 2013

La comunità scientifica si è interrogata su quale possa essere il futuro dei ghiacci alpini. Tra le più recenti simulazioni basate sugli scenari climatici futuri dell’IPCC (il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico – Intergovernmental Panel on Climate Change), si legge che nella peggiore delle ipotesi, in uno scenario in cui si perpetuino le attuali emissioni di gas serra, entro fine secolo potremmo perdere il 95% dell’attuale massa glaciale. Se riusciremo a contenere le emissioni e quindi congelare l’aumento di temperatura a 1.5°, entro il 2100 potremmo ridurre le perdite del 35%.

Le conseguenze della scomparsa dei ghiacciai

La scomparsa delle masse glaciali ha importanti conseguenze dirette e molto poco inerziali sia sugli ecosistemi che sulla società.

Il venir meno di volumi di ghiacciaio causa una riduzione della disponibilità idrica. I ghiacciai infatti sono delle grandi riserve di acqua in grado di arginare la scarsità idrica estiva. Questo effetto tampone dei ghiacciai ha avuto un effetto importantissimo negli ultimi decenni. Nell’estate del 2003, oramai riconosciuta come un esempio di caldo “estremo” e come monito per situazioni nel futuro sempre più frequenti, la portata del fiume Po vicino Ravenna derivava per il 30% dal contributo della fusione glaciale. Questo vitale effetto tampone si sta smorzando sempre di più negli ultimi anni a causa della rapida riduzione di superficie e volume glaciale. In un futuro non lontano, il regime di torrenti e fiumi dipenderà esclusivamente dalle precipitazioni e saremo costretti a ricercare soluzione per un utilizzo più efficiente della risorsa idrica.

L’esempio della Marmolada

La riduzione dei ghiacciai ha anche un effetto diretto sulla destabilizzazione del territorio. La frana di ghiaccio e roccia avvenuta sulla Marmolada a inizio luglio ne è un esempio emblematico. I sistemi glaciali spesso sono un legante dei fragili territori d’alta quota. La scomparsa o peggio il rapido collasso di questi possono innescare importanti emergenze idrogeologiche come frane, piene improvvise o colate detritiche. L’evento accaduto sulla Marmolada è un triste esempio di come il cambiamento climatico impatti molto rapidamente sulle masse glaciali. La Marmolada non ha, fino ad oggi, una memoria storica di crolli di ghiaccio e roccia delle proporzioni che si sono verificate recentemente. Purtroppo, il collasso di una parte della placca sommitale del ghiacciaio è stato la sommatoria di una serie di cause negative. L’inverno 2021 – 2022 è stata una stagione decisamente scarsa di precipitazioni. Dati della provincia di Trento riportano che il trimestre dicembre-febbraio è stato tra i dieci inverni più secchi dal 1921. Non solo, lo stesso periodo è stato classificato tra i cinque inverni più caldi dal 1921. A questo si è aggiunto il periodo di maggio e giugno 2022 con temperature medie mensili di oltre 2°C più calde rispetto alla media del periodo 2008 – 2021. L’importante accumulo di energia termica è stato dissipato dal ghiacciaio fondendo buona parte della neve stagionale e del ghiaccio sottostante. Questa rapido volume d’acqua si è infiltrato nelle fessurazioni del ghiacciaio, i crepacci, e con buona probabilità ha sia contribuito all’aumento della pressione all’interno dei crepacci stessi che svolto una funzione lubrificante della superficie all’interfaccia roccia – ghiaccio basale. Tutto questo ha innescato il distacco di una porzione di ghiaccio già in equilibrio precario per la morfologia particolarmente pendente del substrato roccioso.

In ultima, la perdita delle masse glaciali causa anche la scomparsa delle preziose informazioni climatiche in esse raccolte. A causa della fusione dei ghiacciai, infatti, tutte le informazioni preservate nei loro strati vengono letteralmente dilavate. Si perdono come l’inchiostro di una splendida poesia che si scioglie sotto un bicchiere d’acqua.

Il progetto Ice Memory

Da questa consapevolezza di salvaguardia nasce il progetto IceMemory, un programma internazionale scientifico e culturale di reperimento e conservazione di  carote  di  ghiaccio  prelevate  in  ambienti  montani  a  scala  mondiale.

Siti di campionamento delle carote di ghiaccio del progetto IceMemory (stelle arancioni) e conservazione in Antartide (stella gialla)

Nel progetto, di cui l’Istituto di Scienze Polari del CNR e L’università Ca’ Foscari di Venezia sono capofila, INGV ha avuto un fondamentale ruolo nella caratterizzazione dei siti di campionamento sia da un punto di vista stratigrafico che morfologico.

Il progetto nasce  da  una responsabilità  sociale  di  salvaguardia  delle  informazioni  sulla  storia  del  pianeta  Terra  al  fine  di  renderle disponibili per le generazioni future. Un programma operativo e di divulgazione che si impegna ad organizzare campagne di perforazione in alta quota negli ambienti glaciali più minacciati dai cambiamenti climatici. I campioni di ghiaccio prelevati saranno sia analizzati che traferiti in Antartide, il freezer naturale della Terra. Saranno conservati per il futuro, quando purtroppo dei ghiacciai non polari potrebbe restare solo la memoria.


In copertina i ghiacciai del Monte Rosa. Credits Riccardo Selvatico per CNR e Università Ca’ Foscari di Venezia.

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