Che tempo fa nello spazio?

Siamo giunti all’ultimo capitolo di questa rubrica che ci ha fatto conoscere meglio la nostra stella. Al di là della bellezza insita nella conoscenza di come funziona una stella, una domanda potrebbe sorgere: perché studiare il Sole? C’è una necessità pratica per farlo? Studiare il Sole permette di capire molti processi che sono alla base della cosiddetta Meteorologia Spaziale, lo Space Weather.

di F. Giannattasio

Cos’è la Meteorologia Spaziale (Space Weather)?

Questa domanda non ha una sola risposta, per il semplice motivo che non esiste un’unica definizione di Space Weather. Secondo il Programma Nazionale per lo Space Weather degli Stati Uniti d’America, per Space Weather si intende

l’insieme delle condizioni del Sole, del vento solare, della magnetosfera, ionosfera e termosfera che possono influenzare la prestazione e l’affidabilità di sistemi tecnologici nello spazio e a Terra e che possono mettere in pericolo la vita e la salute.

Tale definizione è  piuttosto complessa ed esprime concetti legati ad una ricchissima fenomenologia che interessa principalmente l’interazione Terra-Sole, e non solo, dal momento che l’interesse della comunità scientifica è volto anche all’interazione tra il Sole e gli altri pianeti del sistema solare.

L’origine di tutto

Secondo questa definizione dunque, all’origine di tutti i fenomeni inerenti allo Space Weather c’è il Sole. Esso è in grado di immagazzinare immense quantità di energia e liberarla dallo strato più esterno della sua atmosfera, la corona solare, verso l’intera eliosfera, ovvero tutta quella regione dello spazio interstellare che “sente” principalmente l’influenza del Sole. Come abbiamo già visto, il Sole è un corpo estremamente dinamico che varia su tutte le scale spaziali e temporali. La scala di variazione forse più celebre è rappresentata dal ciclo undecennale, con il quale il Sole alterna periodi di massimi e minimi di attività. In corrispondenza di tali periodi è possibile osservare un maggiore o un minore numero di macchie solari e di regioni attive, che sono proprio le strutture in grado di immagazzinare l’energia che può essere poi rilasciata, ad esempio, attraverso eventi impulsivi che qui rivediamo brevemente:

  • I Solar Flares  veri e propri lampi di energia rilasciata in forma di onde elettromagnetiche in tutto lo spettro, dalle onde radio ai raggi gamma. Possono durare da minuti a ore, durante i quali viene rilasciata una quantità di energia pari a miliardi di bombe H.
  • Le Coronal Mass Ejections (CME) espulsioni di miliardi di tonnellate di plasma solare magnetizzato in grado di viaggiare tipicamente ad una velocità dai 200-250 km/s ai 2000-2500 km/s circa.
  • Le Solar Energetic Particles (SEP) sciami di particelle ad alta energia che possono durare giorni e che sono accelerate da eventi concomitanti a flares e/ CME, o dagli shock che si generano quando una espulsione di plasma ad alta velocità sopravanza plasma solare precedentemente emesso.

A questi eventi impulsivi si accompagna un vento di plasma magnetizzato (vento solare) soffiato dal Sole ad una velocità che varia tra i 300-400 km/s agli 800-1000 km/s circa. Queste velocità, e dunque queste energie, sembrano davvero impressionanti rispetto a quanto da noi sperimentato quotidianamente.

E allora ci chiediamo: quale impatto e quali effetti può avere sulla Terra l’arrivo di tutta questa energia in forma di radiazione e particelle?

Gli effetti del Sole sui nostri sistemi tecnologici

I primi ad essere colpiti sono i satelliti, o più in generale le infrastrutture nello spazio (Stazione Internazionale compresa). Le particelle ad altissima energia possono penetrare al loro interno e depositarvi la propria carica elettrica, provocando anomalie o danni all’elettronica di bordo. Nei casi peggiori possono portare anche alla perdita del satellite stesso. Una circostanza terribile, oltre che per i costi dei satelliti e della loro messa in orbita, per i danni ai servizi che essi garantiscono (telecomunicazioni, navigazione, ecc.).

Rappresentazione dell’impatto nello spazio circumterrestre del plasma di origine solare nell’ambito della cosiddetta Meteorologia Spaziale (Space Weather). Grafica di L. Cafarella, INGV -RM

Il flusso di radiazione ad altissima frequenza nello spettro elettromagnetico, quella più pericolosa per la salute umana, può aumentare ad un livello tale da mettere in serio pericolo la vita dellequipaggio della Stazione Internazionale, o ancor peggio, degli astronauti impegnati nelle missioni di manutenzione all’esterno della struttura, denominate passeggiate spaziali. Ad un rischio simile, seppure minore, sono sottoposti anche i componenti degli equipaggi aerei che volano soprattutto nelle rotte ad altissime latitudini, dove le particelle ad alta energia possono penetrare più facilmente perché guidate verso il basso dal campo magnetico terrestre.

Le particelle ionizzanti che precipitano nella ionosfera possono alterarne la densità, modificandone le proprietà fisiche. Ciò può comportare l’alterazione delle proprietà di rifrazione delle onde elettromagnetiche a bassa frequenza, le onde radio, che rimbalzano nella ionosfera garantendo i contatti radio a distanza. Il segnale radio può quindi essere modificato, degradato, o addirittura completamente assorbito, inficiando quindi il corretto funzionamento delle comunicazioni. Allo stesso modo, in linea di principio, può degradarsi il segnale inviato dai satelliti di navigazione e posizionamento (GPS), rendendo cieca, nella peggiore delle ipotesi, la posizione di aerei, navi, autoveicoli.

Altra conseguenza relativa all’iniezione di energia nell’atmosfera terrestre deriva dal fatto che in risposta ad essa l’atmosfera può espandersi. Di conseguenza la parte bassa e più densa dell’atmosfera può elevarsi a quote maggiori in modo tale che aumenti la densità in corrispondenza delle quote a cui volano i satelliti. Questo comporta un maggiore attrito, un frenamento (noto come drag atmosferico) che può comportare la modifica dell’orbita dei satelliti stessi al punto da rendere più frequentemente necessarie manovre correttive dell’orbita stessa. Queste operazioni esauriscono più rapidamente il propellente a bordo dei satelliti , accorciando quindi la vita del satellite stesso.

Il drag ha effetto non solo sui satelliti, ma anche sulla miriade di detriti spaziali che pure orbitano intorno alla Terra. Si tratta di centinaia di migliaia di frammenti e parti di missioni dismesse rimaste in orbita e che vengono monitorate costantemente per scongiurare collisioni con satelliti e missioni in operazione. La perturbazione delle orbite di questi detriti comporta, laddove si abbiano modifiche sostanziali, la necessità di ricatalogarne la posizione.

Gli effetti del Sole sulla ionosfera e magnetosfera terrestre

L’energia che arriva in ionosfera per effetto di fenomeni di Space Weather può inoltre instaurare e amplificare correnti nella ionosfera, le quali introducono variazioni del campo magnetico terrestre che a loro volta generano correnti indotte al suolo (correnti geomagneticamente indotte) che si insinuano, ad esempio, nelle reti elettriche generando sovracorrenti e danneggiando i trasformatori delle reti di distribuzioni. Questo, nella peggiore delle ipotesi, può provocare diffusi black-out .

Tra gli effetti degli eventi di Space Weather, probabilmente l’unico genuinamente spettacolare è rappresentato dalle aurore boreali (o australi). Esse si verificano alle alte latitudini dove le linee del campo geomagnetico guidano le particelle ad alta energia che precipitano nell’atmosfera. Tali particelle, principalmente elettroni, mettono in vibrazione gli atomi e le molecole dell’atmosfera causando l’emissione nello spettro visibile dai colori caratteristici verde, rosso, blu e viola.

Rappresentazione dell’impatto sulla Terra del plasma di origine solare nell’ambito della cosiddetta Meteorologia Spaziale (Space Weather). Grafica di L. Cafarella, INGV – RM

Gli eventi del passato

Ci sono stati eventi nel passato dove si siano manifestati alcuni degli effetti di cui abbiamo parlato e che siano dunque riconducibili ad eventi di Space Weather?

Ve ne sono stati diversi, e hanno provocato danni anche importanti. Ne menzioniamo soltanto alcuni tra i più rilevanti.

Il primo violento evento di Space Weather di cui si abbia testimonianza è il famoso evento “Carrington-Hodgson”, l’1 e il 2 Settembre 1859, che prende il nome dai due astronomi britannici che lo osservarono e studiarono. Tale evento fu in grado di mettere fuori uso le reti telegrafiche in Europa e Nord America. I cavi fusero perché condussero correnti indotte estremamente intense e si videro aurore boreali persino a medie e basse latitudini (ad esempio a Cuba, Hawaii, Cina, Messico, Italia). I giornali dell’epoca riportarono testimonianze di cittadini che videro il cielo notturno illuminarsi a giorno. In molti pensarono si trattasse di vasti incendi scoppiati nei dintorni. Molti operatori telegrafici ricevettero scosse elettriche.

L’evento del Maggio del 1921 è invece passato alla storia come la “New York Railroad Superstorm”. Infatti, oltre a incendi in diverse stazioni telegrafiche svedesi, le fiamme avvolsero anche la stazione di Brewster, a circa 80 km dalla stazione centrale di New York, e coinvolsero la torre di controllo della ferrovia proprio in prossimità della Grand Central Station di New York City. Fuori uso finirono anche reti telegrafiche in Australia, Brasile, Danimarca, Francia, Giappone, Nuova Zelanda, Norvegia, Svezia, Stati Uniti e Gran Bretagna. Le aurore boreali furono visibili persino a Los Angeles, Atlanta, Texas, Samoa, Tonga.

Nel Maggio del 1967 poi, si sfiorò una guerra mondiale. I tre radar operativi del Balistic Missile Early Warning System in Alaska finirono fuori uso simultaneamente. Nel pieno della Guerra Fredda si pensò inizialmente ad un sabotaggio ad opera dei sovietici. Fortunatamente, prima della reazione di rappresaglia fu interpellato (e ascoltato) un esperto di fisica del Sole, il quale ricondusse il fenomeno ad un evento solare, e dunque di Space Weather.

Nel Marzo del 1989 si verificò uno degli eventi più celebri, il blackout del Quebec. Il sovraccarico sulla rete di distribuzione dell’energia elettrica del Quebec danneggiò i trasformatori causando un diffuso blackout. 6 milioni di persone rimasero così senza energia elettrica per 9 ore nella fredda regione canadese. Le aurore boreali associate a questo evento di Space Weather furono osservabili fino in Florida e a Cuba.

Ed infine arriviamo all’evento più intenso degli ultimi decenni, l’evento di Halloween a cavallo tra l’Ottobre e il Novembre del 2003. Per circa un’ora 50000 persone in Svezia rimasero senza energia elettrica. Nelle Americhe, le aurore boreali furono osservate fino in Texas.

Quale sarebbe oggi la conseguenza di un evento intenso come quello di Carrington-Hodgson?

Nel 1859 i sistemi tecnologici erano relativamente limitati. I danni furono comunque ingenti, ma nulla al confronto di ciò che accadrebbe ai giorni nostri, in un’epoca sempre più dipendente dalla tecnologia. Diversi studi provano a quantificare i danni che si avrebbero se un tale evento colpisse la Terra oggi.

Gli scenari non sono molto confortanti.

Anzitutto almeno il 50% dei satelliti in orbita sarebbero compromessi, in primis i satelliti di navigazione, posizionamento e comunicazione, rendendo “invisibili” aerei, navi, automobili, ed impedendo le transazioni finanziarie, ad esempio il funzionamento dei circuiti bancomat.

Successivamente, le forti correnti indotte potrebbero danneggiare in maniera severa le reti elettriche, causando l’interruzione dell’erogazione dell’energia elettrica e, a cascata, la cessazione del funzionamento, nel giro di alcuni giorni (il tempo di scarica delle batterie, laddove presenti) degli impianti di distribuzione dell’acqua, degli elettrodomestici, dei riscaldamenti, dei treni e delle metropolitane, i distributori di benzina, i gasdotti e gli oleodotti. Gli ospedali rimarrebbero senza energia, verrebbe meno la distribuzione di medicinali e alimenti di prima necessità. Solo per citare alcuni danni possibili.

Tradotto: miliardi di dollari di danni, e ci vorrebbero anni per ripristinare le condizioni pre-crisi.

Le infrastrutture di monitoraggio

Tale scenario ha spinto alcuni paesi, Stati Uniti in testa, a dotarsi di infrastrutture di monitoraggio e previsione dello Space Weather, e a consolidare piani di emergenza coordinati a livello nazionale che possano fronteggiare il verificarsi di eventi estremi legati allo Space Weather come quello di Carrington-Hodgson. Tali piani prevedono l’intervento della Protezione Civile e dell’esercito per la distribuzione dei beni di prima necessità come cibo, acqua e carburante, nonché di generatori elettrici.

Finalmente anche nel nostro Paese si sta prendendo sempre più consapevolezza dell’importanza dello studio dei fenomeni inerenti allo Space Weather. Istituzioni, università ed enti di ricerca e servizi italiani, INGV compreso, sono sempre più coinvolti in progetti nazionali e internazionali volti allo studio di questi fenomeni: un primo passo verso la ricerca delle soluzioni ai problemi che la complessa fenomenologia qui brevemente descritta può comportare.

Il motore di tali fenomeni è il Sole, e la conoscenza dei processi che da esso scaturiscono e che mostrano i loro effetti fino a Terra (e oltre) è fondamentale per avere, in futuro, previsioni sempre più accurate e in grado di fornire un preavviso sufficiente ad elaborare efficaci strategie di mitigazione.

 


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