L’aurora boreale del 1582

Durante le notti tra il 6 e l’8 marzo del 1582 i cieli di molte località a medie e basse latitudini furono illuminate da una spettacolare quanto inconsueta aurora polare

di Lili Cafarella e Igino Coco

 

Addi’ 6 di marzo del 1582, ad un’ora di notte, essendo ‘aria quasi tempestosa, fiammeggiò una vampa di fuoco sopra Casale, e parve che tutto il cielo e la stessa città ne abbruciasse; il fiume pareva pure tutto di sangue, e la vampa lasciò una striscia nell’aere, che durò sino alle otto della stessa notte.

da V. De Conti nella sua “Notizie storiche della città di Casale del Monferrato”

E’ questa una delle tante testimonianze grazie alle quali è stato possibile ricostruire le caratteristiche dell’aurora polare che la notte tra il 6 e 7 marzo del 1582 illuminò i cieli a medie e basse latitudini in varie parti del mondo.

Fenomeni di questo tipo a queste latitudini non sono certamente usuali. All’epoca suscitavano timore e rispetto nella popolazione, che li vedeva come eventi misteriosi di origine divina.

Disegno dell'aurora boreale del 1582 osservata ad Augsburg
Disegno dell’aurora osservata ad Augsburg (N 48°22′, E010°54′, 51.5° MLAT) il 6 marzo 1582. La figura originale (una xilografia su foglio singolo) è riprodotta con il permesso della Zentralbibliothek Zürich, Department of Prints and Drawings/ Archivio fotografico (segnatura: ZB Graphische Sammlung (GSB), PAS II 19/4).

Oggi sappiamo che quella aurora boreale del 1582 fu l’espressione visibile di una intensa tempesta magnetica. Secondo la ricostruzione basata su questa e molte altre testimonianze, si stima che durò 3 giorni, dal 6 fino all’8 marzo del 1582.

La tempesta del 1582

La tempesta del marzo 1582 fu un evento straordinario. All’epoca non esistevano osservazioni dirette di campo magnetico terrestre. Per questo, tutto quello che oggi sappiamo di quel fenomeno si basa esclusivamente su descrizioni ed osservazioni riportate da testimoni oculari.

Secondo le testimonianze disponibili le intense luci rosse avvistate durante quelle notti si presentarono in diverse località del globo terrestre, dalla Cina al Giappone, alla Germania, al Portogallo, all’Italia. In particolare risulta che in Asia orientale il fenomeno fu osservato fino a latitudini intorno a 35° N. Per intenderci, alla latitudine di Tokyo.

In Europa le testimonianze sembra si fermino a latitudini un po’ più alte: le località più a sud dove l’aurora fu osservata risultano essere Lisbona e Madrid (38° e 40° N rispettivamente).

Come mai?

La spiegazione potrebbe essere collegata alla variazione temporale dell’estensione dell’ovale aurorale, l’area a forma di anello posizionata intorno al polo geomagnetico terrestre dove è possibile vedere le aurore polari. L’ovale aurorale non ha una forma definita, ma dipende dall’attività magnetica in corso: si espande verso l’equatore durante la fase principale della tempesta, mentre si contrae durante la fase di ripresa.

Modello di espansione dell’ovale aurorale durante una tipica tempesta geomagnetica (quella del 25-26 Agosto 2018, in questo caso). A sinistra si può vedere come l’area in cui è visibile l’aurora prima dell’arrivo della perturbazione solare (24 agosto) sia molto ridotta e confinata a latitudini molto alte. A destra, invece, si vede come l’ovale si è espanso quando la perturbazione è arrivata (25 agosto). Da Pierrard et al., Front. Astron. Space Sci., 2021 

Poiché le aurore sono visibili nel lato notturno della Terra, è possibile ricostruire, in base alle testimonianze, che la fase principale della tempesta del 1582 abbia avuto luogo quando il settore dell’Asia orientale era al buio (alta attività magnetica, estensione dell’ovale aurorale verso l’equatore) e sia terminata quando al buio era il settore europeo (attività magnetica in diminuzione e contrazione dell’ovale aurorale verso latitudini più alte).

L’osservazione dell’aurora in Italia

L’aurora fu osservata anche in Italia, a Casal Monferrato e Rimini durante l’intera notte del 6 marzo, e a Cortona per un paio d’ore nella notte del 7. Secondo i racconti dell’epoca, l’aurora si presentò “come una fiamma di fuoco”, di colore rosso. E’ evidente che si trattasse di un evento di particolare luminosità poiché si sarebbe verificato durante un periodo di luna piena.

mappa dei punti di avvistamento dell'aurora boreale del 1582
Nella stessa notte vennero segnalate manifestazioni aurorali in varie città europee (Zurigo, Gottinga, Provins, Parigi, Azay-sur-Cher, Anversa e Londra), segno che quell’8 marzo 1582, l’evento fu osservato a livello globale. Da Portuguese eyewitness accounts of the great space weather event of 1582

Una trentina di anni più tardi, nel “Saggiatore” del 1623, Galileo parlò di

…vapori che ci rappresentano quella intempestiva aurora boreale, i quali, sì come tutti s’illuminano, tutti ancora luminosi ci si dimostrano….

Il termine aurora boreale, coniato proprio da Galileo per identificare il fenomeno delle luci del Nord, compare per la prima volta in queste righe. I vocaboli da lui scelti dovevano richiamare il nome della dea greca dell’alba Aurora e quello del vento del nord, Borea.

Chissà che queste note non nascano dall’osservazione da parte di Galileo della tempesta del 1582?

Un po’ di scienza

Oggi sappiamo che le aurore sono legate all’attività solare. Il Sole emette continuamente nello spazio radiazioni e particelle. Questo flusso di particelle, noto come vento solare, può raggiungere la Terra, ma viene in gran parte fermato dalla presenza del campo magnetico terrestre, che agisce come uno scudo e respinge le particelle dotate di carica elettrica. Una parte delle particelle riesce comunque a penetrare lo scudo del campo magnetico terrestre precipitando nello strato più alto dell’atmosfera, la ionosfera. Qui collide con l’ossigeno e l’azoto presenti nell’atmosfera stessa che, eccitandosi, rilasciano energia sotto forma di onde luminose provocando i fenomeni noti come aurore polari.

Proprio grazie a Galileo Galilei, sappiamo che l’attività solare attraversa dei cicli più o meno regolari, che durano circa 11 anni, alternando massimi e minimi. In occasione di forte attività solare possono essere emesse grandi quantità di particelle (espulsioni di massa coronale, o CME).

Numero di macchie solari a partire dal 1965, ciclo solare 20. Le prime osservazioni del numero di macchie solari risalgono a quelle effettuate di Galileo Galilei

L’ evento del 1582, in base alle testimonianze raccolte, risulta essere stato di notevole intensità. Tuttavia sembra non sia confrontabile con la famosa tempesta di Carrington del 1859, ma può invece essere paragonata a quella più recente del marzo 1989. Per analogia con eventi più recenti e ampiamente studiati sembra che la tempesta del 1582 si  sia scatenata a causa di una serie di CME piuttosto che di una singola .

Ricostruendo infine l’attività solare per quegli anni, gli studiosi ipotizzano che la tempesta geomagnetica del 1582 si sia verificata nella fase decrescente del ciclo solare, o comunque a ridosso del massimo che doveva essere stato raggiunto intorno al 1581.

L’importanza dello studio degli eventi storici

L’interesse per la meteorologia e il clima spaziale è costantemente aumentato negli ultimi decenni a causa del potenziale impatto che potrebbe avere una tempesta magnetica sul nostro pianeta in generale e sulla nostra società tecnologica in particolare.

Tempeste magnetiche di grande intensità, come alcune verificatesi nel passato, sarebbero potenzialmente molto più catastrofiche per la società moderna. Questo a causa del grande progresso tecnologico che abbiamo raggiunto e al numero delle infrastrutture che potrebbero essere danneggiate. È dunque importante avere una stima della frequenza con cui si verificano tempeste di elevata intensità per cercare di prevederne e contenerne gli effetti.

Studi statistici ci mostrano che eventi di una certa portata accadono una volta al secolo. Alcune prove storiche suggeriscono invece che eventi estremi si siano verificati anche più frequentemente. I dati che abbiamo a disposizione sono però insufficienti. L’osservazione sistematica del campo magnetico terrestre inizia infatti solo dopo la metà del XIX secolo. Anche l’osservazione delle macchie solari copre solo quattro secoli, partendo dal 1610 con le prime osservazioni di Galileo.

Non è semplice quindi definire le caratteristiche di eventi precedenti all’osservazione diretta iniziata nel XIX secolo. Il confine verso l’equatore raggiunto dell’ovale aurorale, ricostruito in base a testimonianze storiche, può allora dare importanti indicazioni per avere un indice dell’intensità di un determinato evento solare. Essendo infatti questi fenomeni di forte impatto emotivo ne è stata registrata l’occorrenza da millenni. Inoltre, poiché un’aurora è un fenomeno globale, le osservazioni aurorali simultanee in diverse località (diverse latitudini e longitudini) possono essere utilizzate per distinguere l’aurora da altri fenomeni locali.

La raccolta di osservazioni scritte e di disegni ci consentono così di ricostruire e recuperare informazioni su tempeste magnetiche a partire addirittura dal VI secolo a.C., fornendo informazioni preziose e insostituibili.


 

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