Le variazioni del clima possono influenzare l’evoluzione di una civiltà?

Studi paleoclimatici individuano strette correlazioni tra le variazioni del clima e l’evoluzione di passate civiltà e imperi, come nel caso dell’Impero Romano.

di Antonio Cascella 

Per circa 4 miliardi di anni il clima e la vita sul nostro pianeta si sono evoluti in un mutuo intreccio di eventi geologici, climatici e biologici culminanti nell’ambiente in cui oggi viviamo. Variazioni del clima a larga scala nella storia della Terra sono state accompagnate da rapidi avvicendamenti evolutivi. Estinzioni, speciazione, comparsa di nuovi organismi sono gli eventi verificatisi per adattarsi alle mutate condizioni ambientali.

Le variazioni del clima del passato

L’esplosione evolutiva del Cambriano avvenne, per esempio, circa 541 milioni di anni fa. Vide il proliferare di forme di vita complesse negli oceani, probabilmente a causa di un aumento della quantità di ossigeno presente nell’acqua marina.

L’estinzione del Permiano, 252 milioni di anni fa, fu invece scatenata da un’intensa attività vulcanica durata migliaia di anni nella regione dell’attuale Siberia. Quest’ultimo evento portò ad un aumento dell’emissione di anidride carbonica (CO2) in atmosfera che spazzò via circa il 90% delle specie marine e il 70% di quelle terrestri.

Etna in eruzione. Foto di Boris Behncke, INGV-CT
Una suggestiva immagine dell’Etna che ricorda preistorici paesaggi vulcanici. Foto di Boris Behncke

Le ricostruzioni del clima degli ultimi millenni suggeriscono un’interazione continua tra variazioni del clima e modificazioni delle società umane. In particolare alcune ricerche condotte nel bacino del Mediterraneo e in Europa centrale, hanno individuato stretti legami tra variazioni del clima ed evoluzione di civiltà e imperi.

In particolare un insieme di indicatori paleoclimatici marini e continentali testimonia che le condizioni climatiche durante l’esistenza dell’Impero Romano mutarono in modo significativo.

Cosa ci dicono gli indicatori paleoclimatici?

Un gruppo di studiosi, analizzando il guscio di microrganismi marini (foraminiferi planctonici) è stato in grado di effettuare stime di temperatura superficiale del mare Mediterraneo degli ultimi 5000 anni. I campioni analizzati provengono da  successioni sedimentarie campionate nel Mar Egeo, Canale di Sicilia, mare di Alboran e bacino di Minorca. Grazie a tali osservazioni il periodo più caldo negli ultimi 2.000 anni risulta essere quello che comprende i primi 500 anni dell’Era Comune. In questo periodo le temperature superficiali del mare risultano più alte di circa 2°C rispetto alla media calcolata sull’intero periodo.

Questa fase climatica, nota anche come Roman Climatic Optimum, coincise grosso modo proprio con la nascita e il fiorire dell’Impero Romano, probabilmente favorendone l’espansione.

indicatori di variazione del clima del Mare Mediterraneo negli ultimi 5000 anni,
Confronto tra le temperature superficiali del Mare Mediterraneo negli ultimi 5000 anni. I valori sono stimati sulla base del rapporto Magnesio/Calcio del guscio di foraminiferi planctonici e l’abbondanza di composti organici prodotti dal fitoplancton. L’analisi è stata condotta su campioni ritrovati in sedimenti marini raccolti nel Mare di Alboran (linea azzurra), Bacino di Minorca (linea rossa), Canale di Sicilia (linea blu) e Mare Egeo (linee verdi). Figura ridisegnata dall’originale di Margaritelli et al., 2020

Con lo stesso obiettivo, uno studio diverso ha ricostruito le precipitazioni e le temperature estive analizzando gli anelli di crescita degli alberi dell’Europa centrale. Anche in questo caso il team di studiosi ha trovato delle corrispondenze tra estati calde e piovose e periodi di prosperità dell’Impero (tra il 100 A.C. e il 250 D.C.).

Nello stesso studio, tra il 250 e il 600 d.C., è emerso che a rapidi cambiamenti climatici corrisposero a periodi di siccità, alluvioni, freddo, spesso associati ad epidemie.

 

Ricostruzione delle precipitazioni (in alto) e delle temperature (in basso) estive dell’Europa centrale
Ricostruzione delle precipitazioni (in alto) e delle temperature (in basso) estive dell’Europa centrale, ricavate dall’analisi degli anelli di crescita degli alberi. Da Buntgen et al., 2011.

Il caso dell’Impero Romano

La nascita dell’Impero Romano si fa risalire al 27 a.C., quando l’imperatore Gaio Giulio Cesare Augusto meglio conosciuto come Ottaviano, prese il potere. La deposizione dell’ultimo imperatore romano d’occidente, Romolo Augustolo, nel 476 d.C. ne sancisce definitivamente la fine.

Il periodo di nascita e sviluppo dell’Impero coincide così proprio con quel periodo già citato, a cui gli studiosi attribuiscono temperature miti e condizioni climatiche stabili.

Nella prima parte di quello che copre un periodo di circa 600 anni, dal 27 a.C. a circa il 300 d.C., il clima non subì particolari variazioni. In particolare tra il 100 d.C. e il 250 d.C. si verificarono condizioni insolitamente propizie per l’agricoltura favorendo prosperità e sviluppo almeno fino a circa il 300 d.C.. Le condizioni furono tali da agevolare anche il superamento delle catene montuose permettendo l’espansione dei Romani oltre le Alpi, oltre il Canale della Manica e verso Oriente.

In questo stesso periodo anche l’Egitto visse un periodo di prosperità. Si guadagnò, insieme alla Sicilia, il titolo di granaio dell’impero, producendo grandi quantità di cereali. Negli anni precedenti a questo, ben sette delle nove piene del Nilo del primo secolo a.C. non furono infatti adeguate per fertilizzare un’area sufficientemente vasta. I successivi 329 anni invece furono caratterizzati da un aumento della frequenza di piene favorevoli, assicurando un continuo rifornimento di frumento, orzo e farro verso Roma e verso altre regioni dell’Impero.

L’arrivo dei rapidi cambiamenti climatici 

A partire da circa il 300 d.C. cominciarono a presentarsi rapide fluttuazioni climatiche che probabilmente interferirono pesantemente sul destino dei popoli europei. I cambiamenti interessarono diverse regioni dell’impero, ma in modalità e tempi differenti. Sebbene dati fisici e storici non coincidano in maniera perfetta, vi sono comunque sorprendenti convergenze sulle sequenze degli eventi più noti.

Il periodo tra il 250 e il 600 d.C. fu caratterizzato da rapidi cambiamenti climatici su scala annuale a decennale. Il fenomeno fu causato da diversi fattori i cui principali furono:

  • variazioni dell’attività solare;
  • oscillazioni degli indici climatici che regolano le precipitazioni sui continenti (come El Niño dell’Oceano Pacifico Centro-Meridionale e la NAO dell’Oceano Atlantico Settentrionale);
  • ripresa di attività vulcanica in diverse aree del pianeta.

Siccità, alluvioni, basse temperature si presentarono in questo periodo e, combinati a frequenti epidemie, misero a dura prova la popolazione, distruggendo la capacità di produrre cibo delle società agricole del tempo. Fu questo un periodo di tumulti politici, cambiamenti culturali, invasioni barbariche e instabilità economica e sociale in diverse province dell’Impero. Eventi che nel tempo, attraverso fasi alterne di crisi e riprese, ne causarono il definitivo crollo.

egiziani e agricoltura
Mietitura del grano presso gli antichi Egizi, che coltivavano il cereale 7000 anni prima dell’arrivo dei Romani. Tomba di Sennegen, IX Dinastia (1308 – 1190).

Le variazioni del clima e le invasioni barbariche 

Storici e archeologi hanno sempre discusso se le condizioni climatiche abbiano avuto a che fare anche con le invasioni barbariche. Oltre le frontiere romane orientali, in Asia centrale, vivevano diverse popolazioni nomadi. La loro espansione aveva interferito e interferiva con la vita degli imperi stanziali dell’Eurasia. La pastorizia, importante parte della loro economia, li rendeva particolarmente sensibili alle fluttuazioni delle precipitazioni e del clima.

Un evento determinante per la discesa di queste popolazioni verso i confini dell’Impero fu la grave siccità del quarto secolo che durò quasi 40 anni. Fu una delle peggiori degli ultimi 2000 anni, cominciata nel 338 d.C. e terminata nel 377. La dinamica dell’evento giocò un ruolo cruciale nella guida delle popolazioni nomadi, gli Unni, alla ricerca di nuovi pascoli e luoghi da depredare. Le fonti storiche indicano che questi raggiunsero le rive del Don nel 370 d.C. e lo attraversarono cinque anni più tardi. I loro attacchi nell’area a nord del Mar Nero spinsero le popolazioni locali, i Goti, a chiedere asilo ed entrare nell’Impero Romano. Successivamente, nel 378, anche questi ultimi lo attaccheranno sconfiggendo l’imperatore d’Oriente Valente ad Adrianopoli.

carta dele invasioni e migrazioni dei barbari all’inizio del V secolo
Le invasioni e migrazioni dei barbari all’inizio del V secolo. Disegno tratto da Frugoni Magnetto, Tutti i nostri passi vol. 2 (storia biennio), Bologna, Zanichelli editore (realizzato da Roberto Marchetti)

Imparare dal passato

Da questa breve analisi sembra quindi chiaro come il benessere sociale ed economico di una società possa essere legato a rapide variazioni del clima. Gli esempi del passato possono suggerire quello che ci si può aspettare nel prossimo futuro come effetto dei rapidi cambiamenti climatici che stiamo vivendo.

Oggi siamo potenzialmente meno vulnerabili a questo tipo di fenomeni rispetto i nostri antenati. Non possiamo però considerarci immuni agli effetti delle condizioni climatiche previste per il prossimo futuro. Non dobbiamo e non possiamo continuare a credere di essere isolati ed estranei rispetto alle variazioni dell’ambiente naturale che ci circonda.


In copertina: il Foro Romano, foto di L. Cafarella