I gradienti e la dinamica del pianeta Terra
La Terra è un pianeta dinamico perché è dotata di gradienti che ne controllano i fenomeni fisici e chimici, regolando i processi della Terra fluida (atmosfera, oceani) e della Terra solida (crosta, mantello). Ma qual è la natura dei gradienti che governano il nostro pianeta?
Un gradiente indica una variazione di un qualsiasi parametro fisico o chimico. Più gradienti di parametri che agiscono insieme con tempi e tassi diversi determinano comportamenti non lineari, sistemi caotici, anche auto-organizzati che possono evolvere in comportamenti collettivi catastrofici.
Un gradiente genera energia, produce o è l’espressione di una differenza.
I fiumi scorrono a valle perché c’è sempre un gradiente topografico e quindi gravitazionale: la gravità non smette mai di funzionare. Le perturbazioni atmosferiche determinano forti piogge, che a loro volta abbassano la frizione nel suolo e nelle rocce, provocando frane: è un susseguirsi di gradienti che modellano la superficie terrestre. I vulcani eruttano perché all’interno delle camere magmatiche, dove si accumula la lava che fonde anche le rocce incassanti, si creano dei gradienti di pressione tali da sfondare la crosta terrestre sovrastante.
I gradienti della Terra
La litosfera è il guscio esterno della Terra con uno spessore medio di circa 100 km (variabile tra 30 e 250 km) ed è costituita dalla crosta terrestre e dal mantello litosferico.
La crosta rappresenta il differenziato chimico più leggero della Terra e può essere continentale o oceanica, con spessori medi di 30-40 km e 3-10 km, rispettivamente. La crosta ha un gradiente termico medio di circa 30 °C/km nei primi 10 km, poi scende a 15 °C/km e a 8 °C/km nella crosta superiore e inferiore. La Moho è il limite tra crosta e mantello e ha una temperatura stimata tra 450 °C e 700 °C.
La litosfera ha alla sua base una temperatura di circa 1300 °C e poggia sull’astenosfera (sfera debole). L’astenosfera va da circa 100 a 410 km di profondità e tra 100 e 180 km è caratterizzata da un relativo abbassamento della velocità delle onde sismiche. Per questo motivo tale livello è chiamato canale a bassa velocità (in inglese “low-velocity zone”, LVZ). Nel sottostante mantello, fino a 2890 km, il gradiente termico medio è inferiore a 1 °C/km.
Al centro della Terra la temperatura T massima stimata è di circa 6000 °C.
La litosfera è rotta in frammenti, le cosiddette placche, che, trovandosi su una sfera, sono delle calotte che si muovono l’una rispetto all’altra.
Da dove viene la forza che genera la tettonica delle placche, cioè la dinamica dei frammenti di litosfera che si muovono l’uno rispetto all’altro?
L’energia è in genere interpretata come la dissipazione della convezione mantellica, dovuta al gradiente di temperatura tra la parte superficiale della Terra e la base del mantello terrestre. L’astenosfera presenta un abbassamento della viscosità che permette alla litosfera di ‘scivolare’ sull’astenosfera. Quindi la litosfera è leggermente disaccoppiata rispetto al mantello sottostante, riuscendo a muoversi di alcuni centimetri l’anno. Questo movimento è polarizzato verso ovest, o meglio lungo un flusso esemplificato dall’equatore tettonico che è un cerchio massimo formante un angolo di circa 30° con l’equatore geografico .

La tettonica delle placche
Possiamo quindi definire una placca come un frammento di litosfera caratterizzato da una velocità propria, diversa da quella degli elementi litosferici attigui.
Perché c’è differenza di velocità tra le placche?
Una spiegazione semplice è che nel canale a bassa velocità vi siano delle variazioni di viscosità che vincolano il grado di disaccoppiamento tra la singola placca e il mantello.
Gradienti laterali di viscosità sul piano di scollamento controllano cioè i gradienti di velocità tra le placche e, quindi, la sismicità, che è dovuta a gradienti di pressione che si sviluppano ai margini tra le placche, siano esse in avvicinamento, allontanamento o scorrimento laterale.
La placca più veloce al mondo è quella Pacifica che si muove verso ovest nord-ovest rispetto al mantello di oltre 10 cm (forse 20 cm) all’anno. E’ la placca che ha al di sotto un canale a bassa velocità con la minore viscosità conosciuta (1017 Pa × s), a riprova che la velocità delle placche rispetto al mantello e, quindi, anche tra loro stesse, sia funzione dei gradienti di viscosità alla loro base.
Un fattore fondamentale nel controllo della tettonica delle placche è, dunque, l’influenza delle variazioni laterali di spessore, densità e composizione sia nella litosfera sia nel mantello astenosferico. Se vi fosse uno scollamento relativo globale uniforme tra litosfera e mantello, allora la litosfera si comporterebbe come un guscio unico, coerente e senza velocità relative interne: non ci sarebbe, cioè, tettonica delle placche.
Questa è forse anche la situazione di altri pianeti, dove probabilmente la litosfera continentale si è accresciuta fino a ricoprire l’intero globo, cosa che lentamente sta avvenendo anche sulla Terra. Con una litosfera continentale spessa e uniforme di 150-200 km che coprisse l’intero pianeta, non ci sarebbe tettonica delle placche, perché essendoci una condizione di equilibrio non ci sarebbe la possibilità di comprimere o di distendere la litosfera. È forse anche questa una delle ragioni del perché non esiste la tettonica delle placche, così come la conosciamo noi, su altri pianeti.
Invece, la presenza limitata di litosfera continentale sulla superficie terrestre e il contrasto con quella oceanica più sottile e più densa, inducono l’instaurarsi di velocità differenziali e, quindi, di movimenti relativi tra elementi di litosfera. Questo perché ognuno di essi è caratterizzato alla sua base da valori di viscosità diversa dell’astenosfera, gradienti che controllano l’entità dello scollamento della litosfera e, quindi, della sua velocità.
La polarizzazione della litosfera verso ovest è in grado di spiegare la maggiore inclinazione delle subduzioni dirette verso ovest rispetto a quelle opposte, oltre che alla differenza tra le catene montuose associate. Esempi paradigmatici sono il confronto tra il Pacifico occidentale con quello orientale oppure, semplicemente, la comparazione tra le caratteristiche degli Appennini rispetto alle Alpi. Un elemento chiave di lettura è la cinematica della cerniera delle zone di subduzione che in genere si allontana dalla placca a tetto nelle subduzioni dirette a ‘ovest’, mentre si avvicina alla placca a tetto nelle subduzioni opposte.
Sulla base delle velocità delle stazioni GPS e del comportamento della cerniera delle zone di subduzione, è possibile calcolare i volumi di litosfera che si incuneano nel mantello terrestre: sono circa 300 milioni di km3. C’è però un’asimmetria, cioè il volume delle subduzioni che si immergono verso ovest è di oltre 214 km3. Il rimanente è per le subduzioni opposte verso est (cordigliere americane) o nord-est (sistema alpino-himalayano). Vi è quindi una differenza di riciclo tra i due sistemi che implica un gradiente di volumi e, quindi, di compensazione all’interno del mantello terrestre, che deve relativamente migrare da ovest a est per reintegrare il gradiente di massa.
Tutto questo è coerente con una tettonica delle placche polarizzata, con la litosfera che si muove relativamente verso ovest rispetto al mantello, per l’effetto combinato dei gradienti astronomici generati da disallineamenti gravitazionali ed endogeni, quali gradienti di temperatura, composizione e viscosità.
Questa asimmetria è compatibile con la differenza tra le catene montuose associate alle zone di subduzione: basse, con un profondo bacino di avanfossa e la presenza di un bacino di retroarco per le subduzioni dirette a ovest, mentre elevate e costituite da grandi affioramenti di rocce profonde e cristalline, con un’avanfossa poco profonda e l’assenza del bacino di retroarco per le subduzioni dirette a est o nord-est. Esempi di questa asimmetria sono le subduzioni dell’ovest rispetto a quelle del Pacifico orientale, oppure gli Appennini rispetto alle Alpi.

Nelle subduzioni dirette a ovest (tipo appenninico), la cerniera della subduzione (VH) si allontana rispetto alla placca a tetto (U) e la velocità di subduzione (VS) è maggiore della convergenza (VL, placca a letto). Viceversa, nelle subduzioni verso est o nordest, la cerniera si avvicina rispetto alla placca a tetto e la convergenza è maggiore della subduzione (tipo alpino).
Nelle subduzioni verso ovest si forma un bacino di retroarco e la catena ha bassa elevazione, è costituita per lo più da rocce superficiali e ha una singola vergenza. Nelle subduzioni opposte, invece, la catena ha doppia vergenza, alta elevazione e affiorano rocce cristalline profonde.
Qual è la forza che spinge la litosfera verso ovest?
Nel suo moto di rotazione verso est, la Terra è soggetta all’attrazione gravitazionale della Luna e del Sole, fenomeno che genera le maree, sia liquide sia solide. La parte solida della Terra è soggetta a continue oscillazioni, sia verticali sia orizzontali, accompagnate da variazioni della gravità terrestre. Non ce ne rendiamo conto e i pavimenti di casa non si deformano per la marea solida perché la bolla mareale ha una lunghezza di migliaia di chilometri.
La Terra, però, non è un corpo perfettamente elastico, ma ha una certa componente di anelasticità. L’anelasticità della Terra fa sì che quando la Luna è allo zenit, la superficie si protragga verso il nostro satellite con alcuni minuti di ritardo, determinando un rigonfiamento che è disallineato rispetto alla linea di massima attrazione gravitazionale Terra-Luna. Questo rialzo si trova dunque in condizione di instabilità e tende a produrre un momento e quindi una forza orientata verso ovest, dando una spiegazione della deriva della litosfera verso ovest.

Ciò rappresenta un freno alla rotazione terrestre, che rallenta di 2 millisecondi al secolo. 400 milioni di anni fa, infatti, l’anno durava circa 400 giorni e il giorno circa 20 ore.
Inoltre la Luna si sta allontanando dalla Terra di circa 3,8 cm all’anno per la conservazione del momento angolare. Il disallineamento tra rigonfiamento mareale e linea di forza gravitazionale Terra-Luna provoca un gradiente in grado di spingere la litosfera verso ovest.
Per innescare una subduzione, dove la litosfera entra nel mantello terrestre, è sempre necessaria la presenza di un contrasto di spessori litosferici e di velocità relative diverse: il più sottile e più denso sarà sempre quello che va in subduzione e la subduzione sarà verso ovest se la litosfera più sottile si trova a est, mentre sarà verso est se la litosfera più sottile si trova a ovest o, più precisamente, lungo il tracciato delle linee di flusso esemplificate dall’equatore tettonico. Questo vale sia per la litosfera oceanica sia per quella continentale, sebbene la litosfera oceanica abbia capacità di gran lunga superiore di scendere in subduzione.
La tettonica delle placche si realizza, dunque, perché le varie placche hanno velocità variabili lungo le linee di flusso, con valori relativi di movimento oscillanti tra 0 e 18 cm l’anno.
Questo post è estratto dalla voce “Terra” – pubblicata nell’opera Parole del XXI secolo della Enciclopedia Italiana Treccani