Osservare la Terra dal fondo del mare

Innovativi strumenti di misura consentono di studiare i fenomeni naturali in aree marine.

di Tiziana Sgroi, Francesco Frugoni, Stephen Monna e Caterina Montuori

I mari italiani sono una delle mete turistiche più attraenti soprattutto durante le afose giornate estive. Sotto la rilassante distesa marina avvengono, tuttavia, fenomeni naturali molto interessanti e a volte pericolosi, come i terremoti e le eruzioni vulcaniche.

Paesaggi inesplorati

Se un ipotetico esploratore navigasse a bordo di un sommergibile ad esempio lungo i fondali marini a largo della Sicilia, rimarrebbe stupito nel vedere grandi rilievi e profonde cicatrici. I rilievi talvolta sono imponenti vulcani che si ergono dal fondale verso la superficie. Alcuni emergono e li vediamo come isole, ad esempio le isole Eolie. Altri rimangono al di sotto della superficie del mare, come il Marsili.

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Vulcani emersi (in rosso) e vulcani sottomarini (in bianco) in Italia meridionale

Percorrendo i mari con i mezzi di trasporto più comuni, di vulcani sottomarini non ne abbiamo la minima percezione. Eppure il Marsili ha le stesse dimensioni dell’Etna!

L’attività dei vulcani emersi è immediatamente riscontrabile e osservabile. Al contrario, l’attività dei vulcani sottomarini non è direttamente riconoscibile. La loro pericolosità è legata a fattori differenti rispetto i corrispettivi terrestri, come ad esempio l’interazione tra lava e acqua che può generare attività esplosiva. Inoltre l’accumulo dei prodotti delle eruzioni sui fianchi del vulcano può provocare frane sottomarine e diventare una potenziale causa di tsunami (maremoti).

Le profonde cicatrici presenti sul fondale marino invece sono valli generate da diversi fenomeni naturali, tra cui i terremoti. Le aree marine italiane sono sede di una intensa sismicità che può raggiungere magnitudo elevate come quella registrata durante il terremoto di Messina del 1908 (magnitudo stimata 7.2 Richter).

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Sismicità recente in Italia. Come è visibile dalla mappa moltissimi terremoti avvengono in mare.

Il monitoraggio delle aree marine

Monitorare i fenomeni geofisici nelle aree marine è quindi indispensabile, ma allo stesso tempo complesso. Gli strumenti utilizzati devono lavorare in condizioni particolari, totalmente differenti rispetto alla situazione in cui si trovano abitualmente sulla superficie terrestre. Sismometri e idrofoni di fondo oceanico (Ocean Bottom Seismometer and Hydrophone – OBS/H) registrano la sismicità a mare. Questi strumenti devono poter lavorare a pressioni molto elevate (circa 600 atm a 6000 m di profondità) e in un ambiente chimico-fisico che corrode la strumentazione. Per questa ragione delle bentosfere realizzate per lo scopo ospitano  i sensori.

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OBS/H a bordo della nave prima della deposizione. Lo strumento è protetto da una bentosfera di vetro ed è posizionato su una zavorra (foto di F. Frugoni)

Nella fase di installazione la nave oceanografica rilascia gli OBS/H. Questi si depositano sul fondo del mare grazie ad una zavorra che ha anche la funzione di ancorare lo strumento al fondale marino evitando che venga trascinato via dalle correnti. Al momento del recupero la nave invia un segnale acustico che sgancia la zavorra. Con questi strumenti è possibile rilevare un’attività sismica e vulcanica che altrimenti rimarrebbe sconosciuta.

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Osservatorio multiparametrico sottomarino collegato al veicolo di deposizione – Mobile Docker (foto di Luigi Innocenzi).

Gli osservatori multiparametrici

Negli ultimi decenni sono stati costruiti osservatori multiparametrici sottomarini che ospitano una serie di strumenti per misurare vari parametri. Esempi sono la pressione della colonna d’acqua (pressostato), il campo magnetico (magnetometro), le variazioni del campo gravitazionale (gravimetro), la velocità di oscillazione del terreno (sismometro). Inoltre ci possono essere altri strumenti che misurano parametri chimico-fisici della colonna d’acqua, come temperatura e salinità. Gli osservatori permettono di misurare simultaneamente i parametri che potrebbero variare durante il verificarsi di un evento sismico o un’eruzione vulcanica.

Le operazioni di deposizione degli osservatori sono più complesse di quelle dei semplici OBS/H perché avvengono tramite veicoli dedicati.

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Schema di deposizione di un osservatorio sottomarino NEMO-SN1 collegato tramite un cavo elettro-ottico ad un laboratorio a terra.

Nel corso degli anni l’INGV (insieme ad altre istituzioni italiane e straniere) ha effettuato esperimenti nei mari italiani utilizzando sia osservatori sottomarini che OBS/H per studiare l’interno della Terra (vedi anche questo post sugli osservatori marini). In particolare nel mar Tirreno meridionale è stato deposto l’osservatorio sottomarino GEOSTAR assieme ad una rete di OBS/H durante l’esperimento TYDE (TYrrhenian Deep sea Experiment). Nel mar Ionio invece, al largo della città di Catania, è stato deposto l’osservatorio sottomarino NEMO-SN1  e più recentemente alcuni OBS/H, nell’ambito del progetto SEISMOFAULTS.

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Mappa dei punti di deposizione degli OBS/H (in rosso) e degli osservatori sottomarini (in bianco) nell’ambito degli esperimenti condotti in Italia meridionale

Grazie a questi esperimenti è stato possibile studiare sia vulcani sottomarini altrimenti irraggiungibili come il Marsili, che le parti sommerse dei vulcani, come l’Etna e lo Stromboli. Nel caso del Marsili ad esempio sono state riscontrate correlazioni significative tra i segnali registrati dal sismometro, dal gravimetro e dal magnetometro riconducibili ad una attività idrotermale. Per l’Etna e lo Stromboli è stata definita la struttura profonda attraverso lo studio delle variazioni dei parametri geofisici legati al movimento del magma. Inoltre si sono potuti generare modelli di velocità di propagazione delle onde sismiche che hanno permesso di estendere alle aree marine la conoscenza della struttura della crosta e del mantello superiore terrestre. Infine è stata rilevata una intensa sismicità di bassa magnitudo, non registrata dalle reti sismometriche a terra, che ha consentito di individuare strutture tettoniche minori ma potenzialmente pericolose.

Molto ancora resta da scoprire…

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Mappa ad alta risoluzione del vulcano sottomarino Marsili. (Adattato da Marani e Gamberi, 2004)

In copertina foto di T. Sgroi

 

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