Cavalli, renne e bisonti possono salvare il clima?

Le enormi distese quasi disabitate della Siberia e dell’Alaska sono un enorme serbatoio di carbonio conservato nel suolo ghiacciato. Ma le temperature si stanno alzando, il suolo si scongela rischiando di rilasciare grandi quantità di gas serra in atmosfera, innescando un ulteriore innalzamento della temperatura. Come una catena di pezzi di domino, la caduta del primo fa cadere tutti quelli successivi. E’ fondamentale fermare il processo. I geofisici Sergey Zimov e suo figlio Nikita ci stanno provando con un progetto ambizioso ed affascinante.

di Ingrid Hunstad e Lili Cafarella

Del fatto che renne, cavalli e bisonti possano contribuire a rallentare il riscaldamento globale sono fermamente convinti i due geofisici dell’Accademia Russa delle Scienze, Sergey  Zimov e suo figlio Nikita, che a questa idea stanno dedicando la loro vita. E sempre più scienziati condividono la loro convinzione.

L’imponente esperimento a lungo termine chiamato il “Parco del Pleistocene”, è un laboratorio a cielo aperto di 2000 ettari nella pianura che Costeggia il fiume Kolyma, nell’estremo nord-est della Siberia.

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Di cosa si tratta? 

Il parco si trova a 5 km dalla città di Chersky (Yakutia) (68° 44’N, 161° 23’E). Il nome del parco deriva dalla natura che aveva quest’area nel tardo Pleistocene, 30.000 anni fa, quando esisteva l’ecosistema chiamato steppa dei mammut, ovvero vaste steppe erbose popolate da erbivori,  cavalli, bisonti e mammut. All’inizio dell’Olocene (circa 12.000 anni fa) i grandi mammiferi si sono estinti e la steppa dei mammut è scomparsa.

Oggi alle stesse latitudini vivono solo le renne ma con una densità di popolazione enormemente più bassa, soltanto 10 individui per chilometro quadrato.  All’interno del Parco Sergey e Nikita hanno riportato la popolazione di erbivori alla stessa densità che c’era durante il Pleistocene introducendo animali che si adattano a vivere a questa latitudine.

Il primo inserimento di animali da parte di Sergey risale al 1988. Il progetto, così come è oggi, è partito nel 1996.

Qual è lo scopo del parco?

In tutta la Siberia settentrionale, il suolo immediatamente sotto la superficie (da qualche centimetro fino a qualche metro) viene chiamato “strato attivo” perché gela l’inverno e scongela l’estate.  Sotto lo strato attivo c’è il permafrost, suolo perennemente ghiacciato sia d’estate che d’inverno da migliaia di anni, dove sono immagazzinati 800 miliardi di tonnellate (Gigatoni) di carbonio. Il carbonio è immagazzinato sotto forma di materiale organico che, rimanendo sempre sotto zero gradi, è immune dalla decomposizione microbica e non in grado di produrre anidride carbonica e metano, due dei cosiddetti gas serra.

Il problema è che il permafrost si sta sciogliendo. 

Con l’amplificazione del riscaldamento che si registra in Artico e lo scongelamento del permafrost i microbi decompongono l’enorme quantità la materia organica e il carbonio viene rilasciato sotto forma di anidride carbonica e metano.

Per evitare che questo succeda, Sergey e Nikita Zimov hanno avuto un’idea semplice e radicale. 

L’estinzione dei mammut e l’attuale basso numero di renne che brucano l’erba ha consentito agli alberi di conifere di crescere e sostituirsi alla steppa. Gli arbusti e la foresta sono scuri e assorbono il calore mentre l’erba della steppa è di colore più chiaro e dunque riflette molto di più i raggi del sole mantenendo il terreno più fresco. La differenza tra steppa e foresta, in termini di temperatura del suolo, è particolarmente pronunciato in Aprile/Maggio quando le ore di luce, a quella latitudine, sono molte di più delle ore di buio. Gli alberi scuri assorbono il calore del sole, mentre i pascoli sono ancora coperti di neve bianca e riflettono la maggior parte dell’energia. 

Ma la grande differenza tra un bosco e la steppa si osserva durante l’inverno quando la temperatura dell’aria scende a -40°,  -50°.  Lo strato di neve funziona come un isolante e la temperatura sotto la superficie non scende mai sotto i 10 gradi. E’ come se ci fosse una coperta che protegge il terreno.  

Viceversa, quando gli animali al pascolo calpestano la neve e la scavano per trovare il cibo è come se togliessero la coperta mettendo a contatto il suolo con l’aria a temperatura -40°. Il suolo si raffredda e il permafrost non si si scioglie o si scioglie meno rapidamente. 

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Vista da drone del Pleistocene Park

Reintroducendo grandi mandrie (cavallo della Yakuzia, bue muschiato, yak, bisonti, alci, renne) Sergey e Nikita stanno cercando di riportare la densità di erbivori e l’ecosistema a quello originale del Pleistocene. Lo scopo è quello di tornare alla steppa eliminando o riducendo i boschi di conifere.  

La differenza di temperatura tra i due ecosistemi misurata alla profondità di mezzo metro nel mese di marzo, quando fa più freddo, è enorme. Dove non pascolano gli animali (bosco) la neve è intatta e la temperatura è di -7°.  Nelle aree dove pascolano gli animali, ovvero dentro il Parco del Pleistocene (steppa)  è di -24°

Fermare lo scioglimento del permafrost è cruciale, perché una volta che ha iniziato a sciogliersi non si può più fermare. 

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Il problema alla base

Gli umani emettono oggi in atmosfera più di 10 Gigatoni di carbonio ogni anno sotto forma biossido di carbonio, uno dei gas serra. Se a queste emissioni di origine antropiche si aggiungessero quelle indotte dallo scioglimento del permafrost bisognerebbe sommare ai 10 Gigatoni gli 800 miliardi di tonnellate (Gigatoni) di carbonio conservate nella materia organica accumulata dal Pleistocene, che fino ad ora non sono state considerate nei modelli di previsione del clima.

Traducendo questo in termini di temperatura significa avere un ulteriore aumento di 1.4 gradi centigradi che va a sommarsi al riscaldamento già in atto che le attività umane stanno provocando.

Dunque conservare le riserve di carbonio geologiche, il permafrost, un immenso serbatoio di gas serra, rappresenta un’importante strategia di mitigazione del cambiamento climatico.

Se si riuscisse ad estendere il Parco Pleistocene a tutta la Siberia si potrebbe rallentare il riscaldamento globale. Convinti della validità del loro progetto, Sergey e Nikita vivono e lavorano nella stazione di ricerca all’interno del Pleistocene Park, raccolgono dati e cercano fondi per ampliare il parco. 

I due scienziati hanno pubblicato i risultati della loro ricerca in varie riviste prestigiose, come Science e Nature. Gli ultimi risultati sono stati pubblicati sulle riviste Philosophical Transactions of the Royal Society a gennaio e Scientific Report nel mese di marzo. 

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Le informazioni sul parco 

Un video di presentazione del parco

Un video per conoscere la storia di Sergey e Nikita


Le immagini di questo post sono state prese dal sito Pleistocene Park