Tunguska e il mistero del lago Cheko
Nel 1908 la remota regione siberiana di Tunguska è stata investita da una esplosione di grande intensità che ha causato l’abbattimento di più di 80 milioni di alberi in un raggio di 70 km. Da più di 100 anni la comunità scientifica internazionale si interroga sulla causa di quell’evento. La perseveranza nella ricerca unita all’evoluzione tecnologica degli ultimi 20 anni hanno dato la possibilità di ottenere nuove informazioni. Sarà il piccolo lago Cheko il testimone dell’impatto di un asteroide?
di Luca Cocchi
Il 30 giugno del 1908 rappresenta l’inizio di un importante capitolo per l’impattologia moderna e per la sparuta popolazione di Tunguska, remota regione della Siberia centrale conosciuta dapprima solo per la sconfinata taiga e la fauna inospitale.
Alle ore 7.47 di quella mattina d’inizio estate, i pochi abitanti di Vanavara, piccola località posta in prossimità del fiume Podkamennaya Tunguska, furono svegliati da un intenso bagliore nel cielo, susseguito da una vampata di calore e un boato assordante che provocò tremore del suolo e la frantumazione dei vetri delle case. Gli increduli testimoni non potevano sapere che lo stesso bagliore veniva avvistato contemporaneamente anche in Europa, a distanza di 5500 km. Il boato corrispondeva ad una esplosione di potenza inaudita (10–15 Mton), comparabile a quasi 1000 bombe atomiche simili a quelle che da lì a 40 anni verranno sganciate su Hiroshima e Nagasaki.
La data del 30 giugno 1908 segna l’inizio di un vero e proprio mistero che perdura da più di 100 anni.
Quale è stata la causa di quella enorme esplosione, responsabile dell’abbattimento di più di 80 milioni di alberi e di un tremore del suolo paragonabile ad un sisma di magnitudo 5.0?


Le spedizioni
Le risposte a questo quesito rimasero celate per circa 20 anni, sino a quando il governo Russo, agli inizi degli anni 20, sovvenzionò una prima campagna esplorativa della regione di Tunguska, al fine di accertare le cause del disastro.
A capo della spedizione fu nominato lo scienziato russo Leonid Kulik il quale, per prima cosa, iniziò a raccogliere le testimonianze delle tante persone che avevano assistito all’evento. Confrontando la varia documentazione raccolta, Kulik si fece l’idea precisa che l’episodio avvenuto a Tunguska fosse riconducibile a un impatto di un oggetto cosmico, per esempio un asteroide.
Partendo da questa convinzione, negli anni successivi ispezionò l’area alla ricerca di un cratere da impatto e possibili pezzi di meteorite. Le ricerche evidenziarono una area di circa 2000 km2 completamente deforestata con alberi abbattuti che presentavano anche evidenti segni di bruciature. Una esplosione capace di tale devastazione avrebbe dovuto avere anche segni tangibili dell’impatto al suolo, come per esempio un grande cratere centrale e la conseguente dispersione di materiale extraterrestre.
Dal 1927 al 1939 (anno della prima ricognizione aerea) si susseguirono diverse spedizioni nella taiga di Tunguska, ma tutti gli sforzi di Kulik e del suo team di ricerca rimasero vani. Non riuscirono infatti a scoprire nulla di eclatante sul terreno, tanto meno la presenza di resti di corpi cosmici, alimentando ancora di più il mistero di quella esplosione.
Le ipotesi
Il quesito sulla natura dell’evento di Tunguska rimase senza una comprovata risposta scientifica per almeno 50 anni durante i quali, gruppi di scienziati ipotizzarono le più disparate teorie: una esplosione di una sacca di metano nel permafrost siberiano, l’esplosione di un asteroide al suo ingresso con l’atmosfera terrestre o la deflagrazione di una cometa, costituita da ghiaccio e polvere a pochi km dal suolo russo.
La diatriba scientifica perdurò per decenni, senza una vera e propria svolta dettata dall’impossibilità di recuperare dati scientifici oggettivi a causa dell’inospitale e remota regione Siberiana, oltreché dalla difficile situazione geopolitica degli anni successivi alla seconda guerra mondiale.
Agli inizi del 1990, con la fine della guerra fredda, una prima spedizione di scienziati italiani iniziò uno studio sistematico di tipo dendrocronologico che permise di identificare la presenza di micro particelle di materiale di origine cosmica nella resina degli alberi. Gli studiosi riuscirono a stimare la possibile traiettoria di ingresso del corpo cosmico che risultò avere le coordinate Azimuth= 115°, Inclinazione=30°. Come è facile capire, le ricostruzioni del team italiano sono state e saranno sempre oggetto di discussione scientifica tra i vari gruppi di ricerca internazionale, vista una mancanza strutturale di dati a supporto di una specifica tesi.

Sebbene molti dei tasselli mancanti alla completa spiegazione dell’evento di Tuguska erano stati delineati grazie ai risultati della spedizione del 1990, rimaneva ancora un grande enigma da decifrare, un enigma che aveva ossessionato Leonid Kulik per decenni, ovvero trovare il cratere d’impatto.
La nuova svolta
Una spedizione del 1999 composta da un team di ricerca internazionale a cui parteciparono anche ricercatori del CNR-Ismar di Bologna segnò una nuova svolta. Le indagini si spostarono dalla zona disboscata al vicino Lago Cheko, uno piccolo specchio d’acqua sul margine orientale del fiume Kimchu.
Per la prima volta vennero raccolti dati multiparametrici, tra cui immagini della morfologia del fondale lacustre, sondaggi sismici e dati magnetometrici oltre che campionamenti della colonna d’acqua e sedimenti. In particolare i carotaggi del fondale del lago evidenziarono un cambio di stile di sedimentazione da laminare a turbolento, compatibile con la data del 1908.

Se quel piccolo lago fosse in effetti il cratere mai trovato da Kulik? L’ipotesi è affascinante e spiegherebbe anche la morfologia del lago, di dimensione areali contenute, ma con una profondità elevata completamente differente ai sistemi lacustri presenti nell’area.
Il contributo dell’INGV
Nel 2012 INGV e CNR-Ismar hanno avviato una collaborazione scientifica per la rielaborazione dei dati acquisiti nel 1999 integrati con nuovi dati raccolti nel 2008. I risultati sono stati presentati in una pubblicazione scientifica nel 2012 (Gasperini et al 2012, vedi Per approfondire). Uno studio combinato su sezioni sismiche e dati magnetometrici hanno evidenziato la possibile presenza di un corpo ad alta rifrazione posizionato 10 metri sotto il fondale del lago nel punto di massima profondità.


Potrebbe essere la porzione del corpo cosmico responsabile dell’esplosione avvenuta 100 anni prima?
Il lago Cheko potrebbe essersi formato proprio durante l’evento del 30 Giugno 1908 e potrebbe rappresentare il cratere d’impatto tanto ricercato.
L’esplosione dell’asteroide sarebbe avvenuta ad una di altezza di 5-10 km dal suolo. Il materiale di natura extraterrestre si sarebbe in gran parte frammentato raggiungendo il terreno in piccoli proiettili.
l dati interpretativi sembrano supportare questa tesi, tanto avvincente quanto discussa in letteratura, ma come Gasperini et al (2007) suggeriscono in chiusura del loro articolo, “Drilling could solve this dilemma”!
Per approfondire:
Longo, G., R. Serra, S. Cecchini, and M. Galli, 1994, Search for of the Tunguska Cosmic Body, Planet. Space Sci., 42, 163–177, doi:10.1016/0032-0633(94)90028-0.
Longo, G., M. Di Martino, G. Andreev, J. Anfinogenov, L. Budaeva, and E. Kovrigin, 2005, A new unified catalogue and a new map of the 1908 tree fall in the site of the Tunguska Cosmic Body explosion, in Asteroid-Comet Hazard-2005, 222–225, Inst. of Appl. Astron., Russ. Acad. of Sci., St. Petersburg, Russia
Longo G. (2007) The Tunguska Event. In: Bobrowsky P.T., Rickman H. (eds) Comet/Asteroid Impacts and Human Society. Springer, Berlin, Heidelberg