Frammenti di geoscienze: la Foresta Fossile di Dunarobba
Dopo la foresta fossile in Arizona, un tesoro più “nostrano”. Vi presentiamo la Foresta Fossile di Dunarobba, in provincia di Terni, nel territorio del comune di Avigliano Umbro.
La Foresta Fossile venne alla luce verso la fine degli anni ’70 del XX secolo, all’interno di una cava di argilla destinata alla fabbricazione di mattoni per l’edilizia. Al momento dello scavo alcuni tronchi raggiungevano i 10 m di altezza. Si stima che la densità originaria dei tronchi fosse di 43 alberi per ettaro. Attualmente la foresta è costituita da circa 40 tronchi fossili di alberi in posizione di vita, con diametro medio di circa 2 m ed altezza media di circa 4 m.
I tronchi rappresentano individui di un’unica specie di conifera estinta: la Taxodioxylon gypsaceum, appartenente alla famiglia delle Taxodiaceae, che presenta affinità anatomiche con la sequoia della California (Sequoia sempervirens) e il Glyptostrobus, una specie attualmente presente nella Cina sud-orientale ed in Vietnam.
Dal 1988 la zona è sotto tutela e vincolo che vieta l’estrazione di argilla in loco. I tronchi sono stati riparati da strutture provvisorie con tettoie in lamiera che però non hanno un adeguato ruolo sia sotto il profilo visivo che pratico.
Infatti, i tronchi sono ancora lignei poiché hanno subito una fossilizzazione per mummificazione che non ha alterato la natura stessa del legno. I tronchi perciò sono ancora facilmente attaccabili da agenti meteorici esterni e biologici, dunque soggetti a disgregazione e decomposizione.
Ancora in gran parte sepolta dal sedimento, questa antica foresta, che risale a oltre 2.5 milioni di anni fa (Pliocene medio), indica condizioni ambientali sostanzialmente diverse da quelle attuali, caratterizzate anche da un clima sensibilmente più caldo.
La foresta fossile di Dunarobba si è sviluppata in una zona paludosa costiera sulle rive del ramo occidentale del Lago Tiberino, un ampio lago a forma di Y rovesciata che aveva il vertice a N nei pressi di Città di Castello, e che all’altezza di Perugia poi si divideva in due rami meridionali: quello orientale correva lungo la presente valle di Foligno-Spoleto, mentre quello occidentale si spingeva verso Todi fino all’altezza di Amelia e San Gemini. La porzione occidentale del Lago Tiberino era anche la più profonda, e si stima che la profondità dell’acqua raggiungesse circa 1500 metri.
La conservazione dei tronchi in posizione di vita e il mantenimento pressoché totale delle caratteristiche del legno originario, sono ascrivibili ad un seppellimento continuo e graduale degli alberi nel sedimento argilloso. Queste fenomeno comportava condizioni conservative e riducenti che proteggevano la sostanza lignea dall’attacco di funghi e batteri e prevenivano la circolazione di fluidi mineralizzanti.
Le particolari caratteristiche di questo sito paleontologico lo rendono un monumento naturalistico unico al mondo e di grande rilevanza scientifica.
L’attività tettonica successiva, che ha portato al formarsi della catena degli Appennini ha determinato l’innalzamento dell’intera area umbra, inclinando la zona di Avigliano verso est, coinvolgendo tutti i sedimenti preesistenti ed il loro contenuto, compresi i tronchi.
Le foto mostrano l’area protetta della foresta fossile alla fine di Ottobre 2011.
Le immagini di questo post sono di L. Sagnotti