Un progetto per ridurre le emissioni di gas serra in Islanda

di Ingrid Hunstad

Negli anni ‘30 del secolo scorso gli islandesi hanno iniziato a drenare i terreni acquitrinosi e trasformarli in campi coltivabili. Le brughiere, molto estese in Islanda, non erano adatte per il pascolo. Prosciugarle sembrava allora un’ottima opportunità per aumentare la coltivazione e l’allevamento di bestiame, aiutando così l’economia locale.

Oggi il governo islandese ha invertito la rotta a seguito degli studi sul danno che questa politica ha portato nel bilancio della produzione dei gas serra.

E’ stato infatti stimato che durante il 20esimo secolo sono stati scavati circa 35 000 km di canali, ovvero poco meno della circonferenza della Terra.

Qual è stato il danno?

Gli acquitrini, wetlands in inglese, sono l’habitat per una grande varietà di piante e animali. La sopravvivenza delle specie animali viene messa a rischio quando la vegetazione cambia, e questo è un primo danno del prosciugamento.

Ma esiste anche un impatto sul clima. La torba, che si sviluppa dove c’è una grande abbondanza di acqua, contiene una enorme quantità di carbonio. Scavando i fossi e prosciugando le aree acquitrinose il carbonio entra in contatto con l’ossigeno, si ossida e viene rilasciato sotto forma di biossido di carbonio nell’atmosfera.

Negli anni tra il 1990 e il 2015 le emissioni di CO2 in Islanda sono aumentate del 30% e il contributo delle torbiere alle emissioni annuali di gas serra è stato del 70%.  L’Islanda senza le wetlands è come un essere umano con un polmone di meno, perché i terreni prosciugati, pieni di materiale organico, continuano a deteriorarsi e quindi ad emettere CO2 per centinaia di anni. Più è spesso lo strato di torba maggiore è la quantità di materiale organico e più a lungo ci sarà emissione di gas serra.

Da questa consapevolezza nasce il progetto che il Ministero per l’Ambiente e le Risorse Naturali Islandese ha commissionate al Soil Conservation Service of Iceland (SCSI), ovvero  il ripristino delle aree acquitrinose.

In sostanza si tratta di bloccare il drenaggio dell’acqua chiudendo i fossi. Una volta che le wetland  saranno ripristinate, si fermerà per sempre il rilascio dei gas serra. Questo contribuirà all’obiettivo del Governo di diventare carbon neutral  entro il 2040.

Al momento ci sono circa 4200 km2 di terreni prosciugati, ma non tutti potranno essere ripristinati. L’agricoltura oggi occupa una parte di questi terreni, approssimativamente 570 km2, c’è dunque ampio spazio per restituire un polmone all’Islanda senza danneggiare gli agricoltori.


Crediti immagine di copertina: Nordic Council of Ministers Report on Peatlands, climate change mitigation and biodiversity conservation